Controcultura

"Gomorra 3" un vero dramma shakespeariano

La serie non solo continua, ma diventa sempre più intensa, cruda, autentico dramma shakespeariano che ha Napoli come sfondo principale

"Gomorra 3" un vero dramma shakespeariano

Non pensavo che avrei resistito alla morte di Pietro Savastano, l'antieroe del male ucciso alla fine della seconda stagione di Gomorra. E invece la serie non solo continua, ma diventa sempre più intensa, cruda, autentico dramma shakespeariano che ha Napoli come sfondo principale ma che ha ormai assunto il valore di paradigma narrativo. Lo affermo senza indugi, Gomorra è il miglior film per la tv finora realizzato in Italia, oggi superiore persino a Romanzo criminale, e in costante crescendo. E l'aver reso disponibili sulla piattaforma Sky le puntate di venerdì 1 dicembre fin dal mattino per non sovrapporsi alla partita Napoli-Juventus la dice lunga sul grado di affezione da parte del pubblico.

Tra gli elementi nuovi che sceneggiatori e registi hanno introdotto, il teatro di guerra si è spostato dalle bande rivali al conflitto, sempre più aspro, tra generazioni. Lo scontro non è quindi tra Genny e Ciro, Achille ed Ettore contemporanei, ma tra la nuova e la vecchia camorra, due mondi altrettanto criminali eppure completamente diversi per filosofia e prassi. Sono i figli che si ribellano ai padri, che non ne possono più dei loro codici desueti, che lottano per prendersi il potere e, inevitabilmente, finiscono per stare dalla stessa parte. Nella terza puntata abbiamo visto Ciro in Bulgaria che, tentando di rifarsi una nuova vita criminale, abbandona l'eloquio vernacolare per chiudersi in enigmatici silenzi. Marco D'Amore è attore davvero straordinario, interprete che si sta dimostrando versatile anche in altri ruoli, persino nel comico-grottesco di Brutti e cattivi. E anche Genny/Salvatore Esposito esce alla distanza, sempre più bestiale, un animale ferito a morte che sempre cade e (forse) si rialza. Mai coppia fu meglio assortita.

Come in Narcos e Suburra, anche in Gomorra 3 entra la «questione omosessuale». Gegé, il nuovo contabile dei Savastano, viene da Secondigliano, ma ha studiato in Inghilterra, affinando così lo stile fino a rifiutarsi di parlare in dialetto, ed è fidanzato con un uomo più grande di lui, a sua volta padre single, dai modi altrettanto eleganti. Niente a che vedere col mondo duro e machista della camorra, i due gay vengono presentati come un'anomalia, sottolineata proprio dall'incompatibilità linguistica che passa attraverso il necessario distacco dalle scomode radici, in un mondo che non solo li esclude, ma neppure li contempla. Persino le donne sono più cattive e decise rispetto a loro e forse non è ancora tempo di immaginare un'epopea criminosa in chiave omosessuale liberata dai soliti cliché. Gomorra non può certo farsi carico del politicamente corretto: il gay nel cinema d'azione resta inevitabilmente frocio. Nevrotico e complessato è lo Spadino di Suburra, vizioso e sfrontato il Pacho Herrera di Narcos.

Nei nuovi episodi di Gomorra 3, splendidamente diretti da Claudio Cupellini e Francesca Comencini, il tema resta ancora sullo sfondo, pur insinuandosi nelle pieghe del racconto.

A meno che qualcos'altro non accada nelle prossime, attesissime, puntate.

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