Pierangelo Maurizio
da Mosca
Vent'anni dopo Mikhail Serghevic Gorbaciov è più in forma che mai. Rilassato, scherza. Seduto nella «stanza del caminetto» della Fondazione che porta il suo nome non ha dubbi: l'erede della sua perestroika è quel Vladimir Putin che in Occidente l'intellighenzia di sinistra vede come un liberticida. «È lui - dice - il continuatore delle riforme democratiche che in Russia ormai sono una realtà senza possibilità di ritorno al passato». Sornione, s'informa sull'Italia: «È vero che De Michelis vuol rimettere in piedi il partito socialista?»; e ci tiene a far sapere che «se c'è Gianni», lui approva.
Lei è stato l'ultimo leader dell'Urss. Ora come si definisce?
«Un socialdemocratico. Qui per 70 anni abbiamo avuto il modello comunista al quale abbiamo dovuto abdicare perché rigettava la democrazia. Non era più socialismo, era socialismo da caserma...».
In Italia quasi tutti gli ex pci si dicono socialdemocratici.
«Attraverso il processo socialdemocratico c'è la possibilità di bilanciare giustizia sociale e libero mercato».
E Putin, lo definirebbe un socialdemocratico?
«Se lei prende il messaggio politico del presidente Putin all'Assemblea federale di quest'anno e dell'anno scorso si troverà di fronte un perfetto progetto socialdemocratico. Anche se il governo o una parte del governo va in un'altra direzione. Prendiamo la legge sulla monetizzazione».
Ovvero?
«In Russia esiste un sistema stratificato nel tempo di agevolazioni per i cittadini. Sui mezzi pubblici si viaggia quasi gratuitamente, ci sono forti sconti per i farmaci, il diritto di pagare solo il 50% dell'affitto... A un certo punto si decide di “monetizzare” queste agevolazioni, di dare il corrispettivo in denaro ai cittadini e far pagare i servizi. Ma la legge nella prima stesura penalizza gli strati più poveri, è piena di errori madornali. L'intervento personale del presidente Putin ha riportato la cosa su un binario corretto».
Vuole dire che il «nuovo corso» di Putin trova ostacoli nel governo?
«Sì. Quanto sta proponendo il presidente io come socialdemocratico lo accetto. Ma con il governo attuale è un problema. Ci sono altri attacchi alla sanità pubblica e al diritto allo studio gratuito per tutti».
Molti accusano il presidente Putin di voler soffocare l'informazione.
«Ci sono tentazioni autoritarie che stanno riaffiorando, passi per mettere il bavaglio alla stampa. Ma questo non modifica la situazione in generale».
Le cose a Mosca non sono mai quello che appaiono. Secondo Gorbaciov, spiegano gli uomini del suo entourage, le intimidazioni ai giornali vengono da «apparati», in particolare da spezzoni degli apparati di sicurezza, in apparenza più «realisti del re» ma che in realtà remano contro Putin.
L'Occidente ha visto nel processo a Mikhail Khodorkovski, il magnate russo condannato a 9 anni, un esempio dei metodi usati contro gli avversari.
«Nessun sistema giudiziario è perfetto. Ma si presuppone che chi infrange la legge venga punito».
L'11 marzo 1985 lei diventava segretario del Pcus e avviava la perestroika, cioè la riforma del sistema sovietico attraverso la democrazia e la trasparenza (glasnost). A distanza di 20 anni la perestroika ha vinto o no?
«Ha vinto. Non è stato possibile raggiungere tutti gli obiettivi. Ma ha risolto il problema principale: ha portato le trasformazioni democratiche a un punto tale da rendere impossibile tornare indietro. Viaggio molto e spesso vedo che i nostri migliori amici in Europa e negli Stati Uniti non riescono a capire che cosa sta succedendo in Russia. Sa che cosa gli dico?».
Che cosa?
«Voi vorreste che in 6-7 anni noi risolvessimo tutti i problemi per risolvere i quali l'Occidente ha impiegato centinaia di anni. Era Boris Eltsin che voleva risolvere tutto velocemente, diceva che gli bastavano otto mesi. Si è visto com'è finita. Adesso chi lo appoggiava che cosa dice?».
A un certo punto è sembrato lei l'unica vittima della perestroika.
«Non esistono riformatori felici».
Qual è il prezzo più duro che ha pagato?
«Sul piano politico la liquefazione dell'Unione sovietica. Il colpo di Stato del 19 agosto '91 organizzato da chi voleva riportare la dittatura silurò la perestroika, che invece doveva continuare nell'integrità dell'Urss e doveva riguardare tutte le repubbliche ex sovietiche. Su quello personale la scomparsa di mia moglie, Raissa. Il motivo principale della sua morte è stato il terribile stress».
Quand’è cominciata?
«Nelle prime ore del golpe, a un certo punto non ha più parlato. C'erano tre medici - il medico di famiglia, mio genero e nostra figlia - e riuscirono a recuperarla. Ma poi è peggiorata. Ha passato i due anni successivi in ospedale, ha perso la vista in un occhio. Ho cercato di proteggerla, ma non sopportava i fiumi di accuse ingiuste che mi venivano riversati addosso».
Mentre era in corso il golpe, poi fallito, alcuni esponenti del centrosinistra in Italia minimizzarono le conseguenze. Mal informati?
«Sapevano, sapevano tutto...».
Tra quelli che allora sembrarono «minimizzare» c'era Romano Prodi.
«Se effettivamente ha fatto quelle dichiarazioni, allora si ingannava. Ma di lui ho un'ottima idea, lo considero un politico solido».
Con Papa Giovanni Paolo II lei ha avuto un rapporto speciale. Quante volte vi siete incontrati?
«Parecchie. Dopo la prima visita del cardinal Casaroli nell'89 ci siamo tenuti sempre in contatto fino agli ultimi giorni di vita di Papa Wojtyla».
Le parlò dell'attentato in piazza San Pietro del 13 maggio 1981?
«Mai».
In Vaticano dicono che ne parlaste e che lei fornì al Papa informazioni preziose.
«Non abbiamo mai affrontato la questione, davvero».
Mikhail Gorbaciov però si mostra molto informato sulla vicenda. Dice: «Il Papa ha incontrato Agca in carcere. Un atto di estrema umanità. Agca avrebbe potuto dirgli chi gli ordinò di sparare. O Agca non lo ha detto, o il Papa non ha detto tutto ciò che sapeva».
Lei che idea si è fatto?
«Penso che la ragione di quell'attentato è da ricercare nel fondamentalismo religioso. È lì che, da qualche parte, ci dovrebbe essere il movente».
Papa Wojtyla era visto o no come un nemico dai Paesi comunisti?
«Sul piano dello scontro ideologico all'inizio sì. Ma poi abbiamo trovato tanti punti in comune per un ordine mondiale nuovo e più giusto. A un dato punto penso che Giovanni Paolo II fosse l'uomo più a sinistra al mondo, come Gesù Cristo è stato il primo socialdemocratico della storia: lì sono anche le nostre radici...».
Il 13 maggio 1981 la perestroika era lontana. Secondo lei il Kgb avrebbe potuto ordire il complotto?
«Non lo so, non posso dire niente».
Per concludere, quale consiglio darebbe al suo «erede», Putin?
«Questo corso ci porterà fuori dalla situazione in cui ci siamo trovati. Ma ora Putin deve scegliere: alcuni ingranaggi delle riforme si sono arrugginiti e vanno rimessi in moto al più presto».
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