Il governo consegna alle coop anche i consorzi

Gli addetti del settore sono oltre 8mila, nel 2004 fatturato di 2,7 miliardi

Gian Maria De Francesco

da Roma

I consorzi agrari sono diventati Coop a tutti gli effetti. Si tratta di uno dei primi provvedimenti «amichevoli» nei confronti della cooperazione presi dal governo Prodi, ma allo stesso tempo uno dei meno pubblicizzati. Non solo farmaci ed edilizia, ma anche nel settore agricolo viene estesa la sfera di influenza delle cooperative mutualistiche. Anche se in questo caso il maggiore beneficiario dovrebbe essere il mondo delle «Coop bianche», ossia Confcooperative.
Cosa cambia. La nuova normativa è stata inserita in un emendamento, voluto dal ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, al decreto legge sullo «spacchettamento» dei ministeri convertito il mese scorso. «I consorzi agrari - recita il testo - sono società cooperative a responsabilità limitata; l’uso della denominazione consorzio agrario è riservato esclusivamente alle società cooperative». Non si tratta di puro nominalismo. La conseguente abolizione della legge 410 del 1999 (approvata sempre sotto il ministero De Castro) fa sì che ai consorzi, già equiparati a cooperative, non venga più riconosciuto il ruolo pubblicistico di tutela dell’interesse generale dell’agricoltura. La vigilanza resterà in capo al ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani d’intesa con De Castro. In questo modo le 72 entità, che nel 2004 hanno registrato un fatturato di circa 2,7 miliardi di euro dando lavoro a oltre 8.000 persone, entrano di fatto nella galassia-Coop, assumendo natura esclusivamente privatistica. Dal punto di vista fiscale cesserà l’esenzione Ires per gli utili destinati a riserva inidivisibile e si passerà al regime di tassazione ridotta previsto per le cooperative mutualistiche. Ovviamente entusiasta Paolo Bruni, presidente di Fedagri-Confcooperative. «Auspichiamo che si possano costruire progetti intercooperativi di sinergia sul territorio», ha dichiarato lo scorso 5 luglio.
Commissari e nomine. Solo 29 consorzi su 72 erano in bonis a fine 2004 e ben 37 in liquidazione coatta amministrativa. Si tratta, in molti casi, di residui del crac Federconsorzi agli inizi degli anni 90. La legge «spacchettamento» ha disposto la nomina di un unico commissario liquidatore per questi organismi in luogo degli attuali tre con l’imperativo di concludere l’incarico entro il 31 dicembre 2007. Per gli altri consorzi commissariati è prevista la ricostituzione degli organi statutari entro fine 2006. Uno spoil system di lieve entità ma che potrebbe comportare qualche contenzioso, considerato che i commissari destituiti potrebbero far ricorso per vedersi riconosciuti gli emolumenti spettanti. L’abrogazione della legge 410 del 1999, invece, ha comportato l’eliminazione della norma-paracadute per i dipendenti Federconsorzi in mobilità che avrebbero dovuto essere ricollocati presso enti pubblici del settore agricolo. Una decisione che ha creato qualche spaccatura nella maggioranza. Tanto è vero che tra gli emendamenti presentati al decreto Bersani-Visco in Senato i diessini Gianfranco Morgando e Giovanni Legnini hanno chiesto, senza successo, il ripristino della norma. Iniziativa appoggiata anche dal presidente della commissione Agricoltura della Camera, il verde Marco Lion.
I dubbi della Cdl. «La scelta del governo è il sintomo che il mondo delle cooperative può diventare oggetto di ben mirate ambizioni politiche», ha detto in commissione Agricoltura il deputato di Forza Italia, Filippo Misuraca, l’11 luglio. Per Luca Bellotti (An) quello del governo è stato «un intervento precipitoso e non ben ponderato con l’unica finalità di mostrare la propria attenzione preferenziale nei confronti delle cooperative».

Antonio Buonfiglio di An ha invece ricordato che tra il ministero delle Politiche agricole e Federconsorzi «è in corso di svolgimento un contenzioso giurisdizionale che ha per oggetto un patrimonio immobiliare stimabile in circa mille miliardi di vecchie lire».

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