I l doping divide il governo: da una parte il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, che vorrebbe riformare la legge sul doping depenalizzando il consumo di sostanze vietate da parte degli atleti; dall’altra il ministro dello Sport, Giovanna Melandri, che a stretto giro di posta smentisce il collega, e anche di brutto. Del genere il braccio sinistro non sa cosa fa il destro. I fatti. In mattinata Ferrero, invitato a una conferenza sulle tossicodipendenze in calendario a Strasburgo, afferma: «Insieme alla collega dello Sport Melandri, stiamo studiando una riforma delle legge sul doping che attualmente prevede rilievi penali per chi consuma sostanze illecite. Bisogna costruire un conflitto di interessi e dividere le responsabilità per permettere all’atleta di denunciare chi lo induce ad assumere sostanze illecite». In soldoni: gli sportivi dopati vanno sottoposti alla giustizia sportiva, non a quella penale. Nel corso del colloquio con i giornalisti, il ministro ha aggiunto che la lotta al doping si fa combattendo chi ci sguazza dentro, lo organizza e attira gli atleti con il miraggio del successo facile e ben remunerato.
Qualcosa di simile aveva affermato l’ex sottosegretario allo Sport, Mario Pescante, alla vigilia dei Giochi di Torino quando il Cio si era detto preoccupato della legge italiana, l’unica al mondo a prevedere un reato penale a carico degli atleti dopati: «La nostra normativa va adeguata a quella mondiale prevista dalla Wada, l'agenzia internazionale antidoping. A mio parere le sanzioni penali vanno bene per chi spaccia, per chi traffica, ma non per chi assume sostanze».
Immediata la replica della Melandri: «Il tavolo interministeriale, di concerto con i dicasteri della Salute e della Solidarietà sociale, sta effettivamente esaminando le modifiche alla legge sul doping. Ma queste prevedono, tra l'altro, l'estensione del contrasto al doping domestico e il recepimento della convenzione internazionale promossa dall'Unesco. Quindi il ministero per le Politiche giovanili e per le Attività sportive ribadisce la sua contrarietà ad ogni ipotesi di depenalizzazione legata alla cessione, al consumo o alla generica diffusione di sostanze dopanti». Impossibile darle torto. Se il ministro Ferrero ritiene che la modifica della legge accresca il fenomeno del pentitismo si sbaglia di grosso. Perché gli atleti dopati non hanno tanto paura delle sanzioni penali (alla fine nessuno va dentro) quanto della sospensione sportiva che nella gran parte dei casi pone fine alla carriera. Ci sarà un motivo se il ciclismo, ovvero lo sport più tartassato dal doping, punta a colpire perfino la squadra di appartenenza del corridore dopato.
Sarebbe poi un gravissimo errore se la riforma della legge, come è scaturito dall’entourage del ministro Ferrero, puntasse a distinguere gli atleti professionisti dai comuni praticanti.
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