Caro direttore,
non sei troppo buono con gli uomini del centrodestra? Difenderne le ragioni da attacchi è giusto. Lo è altrettanto dirgli a brutto muso che i primi a trascurarle sono loro. Vedo nel Pdl una perdita di motivazioni che aumenta ogni giorno.
Ci si crogiola nell’idea di avere l’intera legislatura per attuare il programma promesso. Il tempo, invece, stringe. Tra breve, il premier dovrà occuparsi delle vertenze giudiziarie che i magistrati stanno imbastendo per lui. Sarà meno attento al governo e dovrà guardarsi dagli arrivisti ringalluzziti di casa sua. Dovrebbe concentrare le forze, rinsaldare legami, chiarire definitivamente i rapporti con Fini e Tremonti. Mi sembra invece che si crei ostacoli da solo. Penso ai comportamenti privati che gli hanno creato angosce familiari, all’inutile strappo con Napolitano che sul Lodo Alfano ha fatto la sua parte, a battute superflue che alimentano polemiche e disamorano soprattutto l’elettore di centrodestra. Avere il leader eternamente sotto attacco, se all’inizio pompa adrenalina e spinge a fare quadrato, alla fine stufa: la gente vuole vivere la propria vita, non scendere costantemente nell’arena.
Questo il quadro generale. Entrando nei particolari, peggio mi sento. È di queste ore la scissione del Pdl in Sicilia. Quindici su 32 deputati lasciano la casa madre e si mettono in proprio sia pure confermando le radici. Intanto si distanziano. Domani chissà.
Si straparla di riforma della Giustizia. Se ne era straparlato pure nella legislatura 2001-2006 e non se ne fece nulla. Anche adesso, cosa c’è di concreto? Manca il disegno di legge del governo, nessuna commissione parlamentare si occupa della cosa e, nonostante il vuoto, già i magistrati scendono in sciopero dividendo l’opinione pubblica. L’auspicio è pessimo e non mi stupirei che tutto finisse in chiacchiere. Nel centrodestra, ognuno va alla spicciolata. La Russa chiede a Bersani se sia disposto a ripristinare il Lodo Alfano con legge costituzionale e l’altro nicchia. Il presidente del Senato, Schifani, boccia l’idea di tornare all’immunità parlamentare che, a suo dire, è vecchia e impraticabile. È invece la via maestra per impedire alle toghe di condizionare la politica. Per questo c’era da noi e tante costituzioni europee la tengono bene ferma. Ma Schifani è per il no e nessuno gli dà sulla voce. Tanto per darsi la zappa sui piedi.
Tremonti fa repubblica a sé. Ha teorizzato uno statalismo intransigente in un governo che si dice liberale. Lo Stato, che in un suo libro definì «criminogeno», è il suo recente idolo. Se la prende con le banche perché preferiscono il mercato ai suoi bond che le assoggetterebbero all’esecutivo come le ex Bin dell’Iri. Addirittura progetta una Banca del Sud, primo caso di istituto di credito creato da un governo. Avrà le sue buone ragioni, ma la nuova rotta andrebbe spiegata. Dica il Cav ai suoi elettori perché da liberale il Pdl si fa statalista. Lo scudo fiscale è diventato il mezzo per combattere il «paradiso fiscale» svizzero. I controlli alla frontiera di Chiasso, la foto delle targhe, il pedinamento dei risparmiatori in territorio elvetico, hanno un che di sovietico. Non ho una lira in Ticino o altrove, però non mi piace. I cosiddetti paradisi fiscali sono in realtà Paesi con sistemi fiscali concorrenziali. Una volta aboliti, non potendo più investire dove l’esosità del Fisco è attenuata, i popoli saranno in balia dei governi meno virtuosi che imporranno a discrezione i gravami peggiori. È una perdita di libertà e colpisce che a sottrarla siano Berlusconi & co. Il Pdl deve spiegare e invece tace.
Il Cav ha annunciato giorni fa da Pietroburgo che toglierà l’Irap alle imprese. Tornato in Italia, Tremonti gli ha fatto sapere che non se ne fa nulla. A chi dare retta? Nella gag si è inserito il furbo Bersani che si dice disposto a discutere l’abolizione della tassa. Non perché lo voglia ma solo per dimostrare che il centrodestra è nudo. Lo mette alla berlina e si infila nella piaga delle sue contraddizioni. Sai chi ha detto: «Quando il fisco si rende odioso, è il fisco stesso che spinge all’evasione»? Oppure: «Sono convinto che il contrasto all’evasione si faccia non aumentando ma riducendo le aliquote»? È Tremonti, solo pochi anni fa. Ti sembra che ci stia pensando o non piuttosto che faccia di tutto perché il Cav non mantenga la più solenne delle sue promesse? Tra l’altro, lo fa nel modo più irridente. Di Scajola dice che si è laureato al Cepu. A Fitto, raggiunto da un avviso di garanzia per cose pugliesi, ha fatto il segno delle manette in Consiglio dei ministri. Per la Gelmini che chiedeva soldi per la scuola ha organizzato, nella medesima seduta, un piattino mettendoci l’obolo di un euro di tasca sua. L’opposizione ci inzuppa il pane. Poi, ci si lamenta se il prestigio del centrodestra ne risente.
Fini gioca per sé. È stato il primo a sapere della scissione siciliana e pare l’abbia benedetta. La sua posizione sui clandestini coincide con quella di Rifondazione e quella ufficiale del Pdl – così strattonata – si perde nelle nebbie. Ora viene fuori, per bocca dello stesso Fini, che è stato lui a stoppare la nomina di Tremonti a vicepresidente del Consiglio. Il Cav ci aveva invece detto di essere stato lui a dare l’alt.
Metti tu, direttore, nero su bianco questo bailamme. Tre volte la settimana, fino alla noia.
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