Il governo traballa sui gay

Mastella è perentorio: "I patti con Chiti sono chiari. Inutile fare i furbi con un atteggiamento brutale: è una logica da doppiezza togliattiana. Se non salta quella norma si va subito alle elezioni". Il ministro Ferrero dice l'esatto contrario: "Se salta subito al voto"

Il governo traballa sui gay

Roma - «Ah! Ma allora Ferrero continua proprio a non voler capire....». Crudo quanto basta il Clemente Mastella che sta per imbarcarsi sul volo che - assieme a D’Alema - lo riporterà a Roma da Bruxelles dove i due erano impegnati ieri in questioni comunitarie. Non ci sta all’idea sparsa in tarda mattinata dal ministro della Solidarietà sociale di una sua scontata retromarcia. «I patti presi con Chiti sono chiari: il testo del decreto alla Camera deve cambiare, senza più riferimenti all’orientamento sessuale. Altrimenti - puntualizza il guardasigilli - dichiaro la chiusura dell’esperienza del governo».

Insomma il suo non è un “penultimatum” come l’ha chiamato D’Alema...
«Io non sto scherzando affatto. Le cose sono chiarissime: o si sta a quanto si è deciso, e cioè il ritiro di quelle tesi, o io non vado a nessuna verifica di nessun genere. E questo lo deve capire anche il presidente del Consiglio!».
Ferrero e Giordano però insistono: dicono che si sono limitati a recepire la direttiva di Amsterdam. Più banalmente il testo che prevede la punibilità di chi commette atti di discriminazione per motivi etnici, razziali, nazionali, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale... e che dunque lei non può impuntarsi.

«Ma quale direttiva Ue! Quello era un testo di principio, non un principio-cardine con l’obbligo degli Stati nazionali a recepirlo! Ed è inutile che cerchino riparo dopo aver fatto i furbi con una logica di doppiezza togliattiana che conosco da tempo!».

Cioè?

«Se si vogliono trattare questioni come l’omofobia, ci sono altre sedi e altri provvedimenti da prendere in considerazione. Si va in Parlamento e si discute, come si è fatto per l’aborto, il divorzio e tante altre questioni. Inserire quel testo di soppiatto in un decreto e poi forzare la mano attraverso il cavallo di Troia del voto di fiducia è inammissibile! Mi capisce? I-nam-mis-si-bi-le!».

E dunque che si aspetta?

«Che il segretario di Rifondazione o anche il presidente della Camera - visto che ormai si occupa anche di queste cose - dichiarino in fretta ed esplicitamente la loro disponibilità a modificare la loro impostazione. Se lo faranno, il problema sarà superato e non faremo questioni per ridefinire i rapporti con la sinistra».

Altrimenti?

«L’Udeur apre la crisi e non ci sarà neanche la possibilità della verifica perché, se così stanno le cose, non ci sono più le condizioni di una collaborazione col Prc!».

Scusi Mastella... ma lei l’ha votata la fiducia, ingoiando di fatto il richiamo alla “identità di genere”...

«L’ho fatto per salvare il governo, perché sarebbe andato sotto. Perchè a Palazzo Madama ormai non c’è più una maggioranza. Ma l’ho fatto soprattutto in quanto c’è stato un impegno di Chiti a rideterminare una condizione diversa una volta che il decreto sarebbe giunto alla Camera. Ma se di fronte a questo impegno si preferisce fare i furbi, anzi i furbastri, con un atteggiamento davvero brutale rispetto a questioni sui valori per le quali andrebbe utilizzato tutto un altro metodo, non ci sto più! Voteremo la finanziaria per evitare l’esercizio provvisorio. Dopodiché, stop! La verità è che Bertinotti e compagni non hanno affatto risolto il quesito sull’essere partito di lotta o di governo. E così si limitano a tornare ad applicare la vecchia logica della doppiezza comunista!».

Rifondazione avrà anche forzato la mano, ma chi ha accettato che la cosa fosse inserita in decreto?
«Lasciamo perdere. Credo sia meglio...».

Non è che c’è dietro la manina del presidente del Consiglio?
«No, lui non c’era».

E allora?

«Ma che vuole da me? Tutto quel che c’era da dire, ormai l’ho detto. Chi vuol capire, capisca.

Questioni riguardanti i valori con la sicurezza non c’entrano nulla. E sia chiaro anche che se Rifondazione pensa a un governo istituzionale per fare la legge elettorale, si sbaglia di grosso. Se sarà crisi si va al voto sapendo che vincerà Berlusconi, anche senza Fini e Casini!».

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