Cgil scatenata contro il decreto Meloni reagisce. Poi al vertice apre. "Il filo non è rotto"

Parlarsi si parlano, ma insomma, se questo è un dialogo. "Approvare il decreto il primo maggio è un atto di arroganza e di offesa ai lavoratori", sostiene Maurizio Landini, già prima di sedersi al tavolo

Cgil scatenata contro il decreto Meloni reagisce. Poi al vertice apre. "Il filo non è rotto"

Parlarsi si parlano, ma insomma, se questo è un dialogo. «Approvare il decreto il primo maggio è un atto di arroganza e di offesa ai lavoratori», sostiene Maurizio Landini, già prima di sedersi al tavolo. E Giorgia Meloni non aspetta l'ora dell'appuntamento per replicare con durezza. «Parole incomprensibili. Credo che invece sia un bel segnale, per noi che siamo privilegiati, onorare con il nostro impegno in questo giorno di festa con le risposte che servono». Ancora: «Vorrei ricordare al segretario della Cgil che molte persone, forze dell'ordine, medici, tecnici, lavorano il primo maggio per consentire lo svolgimento del concerto di piazza San Giovanni. Se pensa che sia diseducativo, lo sposti in altra data. Noi non la pensiamo così. Rispettiamo l'iniziativa della triplice, come chiediamo rispetto per il nostro lavoro».

Perciò alle 19, quando poi si vedono, il vertice parte avvelenato. La contesa, al di là delle misure in questione, è anche molto politica, perché i sindacati accusano Palazzo Chigi voler mettere il cappello sulla festa. «Dà fastidio che la narrazione del primo maggio sia fatta dalle forze sociali - spiega Pier Paolo Bombardieri, leader della Uil - e il governo cerca di andare in concomitanza. Un atto legittimo, però di propaganda». C'è pure un problema di metodo, la convocazione in zona Cesarini: oggi il Consiglio dei ministri approverà il decreto lavoro. «Per mesi - si lamenta Landini - non ci hanno ascoltato poi ci chiamano la domenica sera per illustrarci quello che decideranno il giorno dopo». E dopo l'incontro: «Metodo inaccettabile, non ci hanno presentato un testo. Vedremo». Luigi Sbarra, numero uno della Cisl, appare più aperto all'ascolto ma nemmeno lui ha gradito. «Un provvedimento così ampio sull'occupazione ha bisogno di approfondimenti e di confronto serio, a partire dalla delega fiscale».

Attorno al tavolo i toni comunque si erano ammorbiditi. La Meloni decide di tendere una mano. «Domani vogliamo prendere provvedimenti utili per il mondo del lavoro, che variamo in un giorno simbolico e sui quali riteniamo utile un confronto preventivo con voi. Il governo ritiene fondamentale il rapporto con i sindacati, in un periodo in cui abbiamo tante sfide». C'è anche una buona notizia, «gli hedge fund hanno smesso di scommettere contro l'Italia». L'incontro «non è esaustivo» però «l'iter sarà lungo» e Giorgia vuole tenere aperto il canale. Serve «un dialogo serio e costante» pure su Pnrr e RepowerUe, lotta all'inflazione, riforme.

Quanto al merito, sul piatto ecco 3,4 miliardi per rimpolpare la busta paga di chi ha un reddito sotto i 35mila euro. Il taglio del cuneo è il doppio del previsto, quattro punti invece di due, e in certi casi arriva fino al sette per cento, anche se avrà una durata inferiore. La detassazione dei fringe benefit aziendali arriva a tremila euro. Nel decreto c'è pure l'addio al reddito di cittadinanza, che dal primo gennaio verrà sostituito con l'assegno di inclusione fino a 500 euro, più altri 280 come contributo per pagare l'affitto. Infine, corsi di formazione e meno vincoli per i contratti a termine e per i rinnovi. «Su un pacchetto del genere - dice Adolfo Urso, ministro delle Imprese - dal sindacato non può che arrivare una risposta positiva».

Invece no, almeno per ora. Landini definisce «una follia» cancellare il reddito di cittadinanza in un simile momento.

Per Bombardieri «sui contratti a termine si rischia di creare più precarietà». Il segretario della Uil considera «tardivo» l'incontro perché sarà difficile «ottenere delle modifiche» su un decreto già pronto.

Ma a Palazzo Chigi va bene lo stesso. «Il filo non si è rotto».

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