"L’età per la pensione non salirà". Il governo frena sulla legge Fornero

Annuncio del sottosegretario Durigon con l’approvazione del ministro Giorgetti. Flessibilità in uscita: verso l’addio a Quota 103. L’idea di usare il Tfr come rendita

"L’età per la pensione non salirà". Il governo frena sulla legge Fornero
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Il cantiere pensioni prende forma in vista della manovra di bilancio. Ieri il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, a margine del Meeting di Rimini, ha detto di avere incassato la disponibilità del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, per congelare il meccanismo che determinerebbe un aumento del requisito dell'età per la pensione che altrimenti incrementerebbe dal 2027. Quest'ultimo è frutto di quanto previsto dalla legge Fornero che ogni tre anni adegua l'età della pensione alla speranza di vita. Secondo quanto calcolato dall'Istat, a partire dal 2027 l'età per la pensione tradizionale passerebbe da 67 anni a 67 anni e 3 mesi (e sempre di tre mesi slitterebbe il requisito per l'uscita anticipata).

Su questo specifico argomento è intervenuto ieri anche il presidente dell'Inps, Gabriele Fava, il quale ha detto che se arrivasse l'intervento in manovra sul congelamento dell'età per la pensione il suo istituto si atterrebbe «scrupolosamente» e cercherebbe di «attuare le linee legislative nel miglior modo possibile». Anche perché, ha aggiunto, «il sistema è solido, tiene. Nel 2024 abbiamo raggiunto 27 milioni di assicurati, dei quali 7 milioni sono under 35». Per il futuro, però, l'invecchiamento della popolazione farà lievitare la spesa pensionistica che raggiungerà il suo picco nel 2040 al 17% del Pil. Sotto questo punto di vista, quindi, la ricetta per Fava è far partecipare al mercato del lavoro «più giovani, più donne e più senior».

Pertanto secondo il sottosegretario Durigon, che all'interno del governo è una delle figure di riferimento per le pensioni, è «fondamentale» il cosiddetto bonus Giorgetti, «una misura - sottolinea - che rafforza la libertà del lavoratore, che si tratti di restare al suo posto o di poter andare prima in pensione». Il riferimento è alla misura introdotta con la manovra 2025, in rampa di lancio da settembre, la quale permette al lavoratore che rinunci alla pensione anticipata (ovvero al maturamento del requisito di 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e di 41 e 10 mesi per le donne, o di quota 103) restando al lavoro di vedersi versare in busta paga la quota di contributi in capo al lavoratore con un aumento di circa il 10 per cento del suo salario.

Tra le altre riforme allo studio, nell'ottica dichiarata di rendere più robuste le pensioni future maturate con il sistema interamente contributivo, Durigon ha affermato, intervistato dal Sussidiario.net, che il governo sta valutando di «proporre che il Tfr fermo all'Inps, delle imprese sopra i 50 dipendenti, possa essere una rendita, per dare un ristoro e avere pensioni un po' più forti». Infatti, se il Tfr va «nella rendita non è più un esborso che fa l'Inps» e consentirebbe di irrobustire gli assegni senza più gravare più ditanto sui conti pubblici. Inoltre Durigon, nell'ottica di una popolazione sempre più anziana e con più persone sole, ha affermato di pensare a una forma assicurativa per la non autosufficienza. «Non escludiamo - ha aggiunto - di inserire in questo contesto anche la possibilità del long term care, sappiamo la sofferenza che c'è sulla sanità, avere anche questo sistema assicurativo potrebbe dare delle risposte importanti ai nostri pensionati».

Nel corso dell'intervento di Durigon si è toccato anche il terma Quota 103 (62 anni d'età e 41 di contributi) e Opzione Donna, due forme di anticipo pensionistico alle quali sono state strette sempre più le maglie e che nel 2024 sono state sfruttate da pochissime persone: solo 1.153 persone, infatti, sono andate in pensione con Quota 103 e 1.276 con Opzione Donna. Quest'ultima «andrebbe rafforzata perché oggi risulta una misura poco efficiente». Quota 103, invece, «non penso possa rappresentare una forma ottimale di flessibilità in uscita».

Si cercherà, invece, di rafforzare il canale del pensionamento anticipato con 64 anni e 25 di contributi purché il futuro assegno sia pari ad almeno tre volte il trattamento minimo, utilizzando anche la rendita complementare.

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