Un grande autore senza opere ma con ottime testimonial...

Un grande autore senza opere 
ma con ottime testimonial...

C’è chi scrive libri che nessuno legge, e rimane giustamente anonimo. E c’è chi scrive libri che ugualmente nessuno legge, ma che diventa l’autore più famoso della Rete e della tv, quindi - per proprietà transitiva - del momento. Alla prima categoria appartiene la totalità degli scrittori italiani, con l’eccezione forse della Parodi, Camilleri, Saviano e Faletti. Della seconda, invece, fa parte solo Alfonso Luigi Marra, scrittore celeberrimo a dispetto del particolare, ininfluente, che nessuno legge i suoi libri. E il fatto che nessuno ne riconosca il nome, però capisce subito di chi si sta parlando appena lo vede in faccia, è la prova della sua fama virtuale. Un volto, tanti soldi, nessuna parola.
Non ci sono parole, sebbene lui ne adoperi sempre più del necessario, per raccontare la vita pubblica e le opere pubblicate di Alfonso Luigi Marra, avvocato-scrittore, calabrese, 64enne, con una specializzazione anti-accademica in ambito pissicologico, ormai affermatosi come firma di punta del mondo letterario italiano (e danaroso inserzionista pubblicitario). Anni fa, su di lui scrisse un saggio fenomenologio, come esempio di Autore senza opera, la nostra critica più militante e intelligente, Carla Benedetti. «Marra - scriveva con grande lucidità alla fine degli anni ’90 - incarna la condizione di esistenza di un’incredibile quantità di autori della nostra epoca (anche di quelli che non hanno bisogno di pagarsi la promozione), e che non è riservata ai soli scrittori, ma anche a saggisti, filosofi e artisti: esistono come autori in quanto se ne parla in quel salotto a distanza costituito dall’insieme dei luoghi deputati, dai talkshow alle pagine culturali, piuttosto che come autori di opere lette, concretamente fruite». E più di recente i libri di Marra, rigorosamente ignorati dalla critica ma oliati dalla pubblicità, hanno ottenuto più recensioni, a esempio, di Antonio D’Orrico. Cari scrittori, prendete esempio. Per diventare famosi non serve scrivere buoni libri. Probabilmente non serve neppure scriverli.
Scrittore in primis, e poi avvocato cassazionista con avviatissimo studio a Napoli (uno dei più grandi d’Italia per numero di clienti, oltre40mila, come confessò un mese fa in un’intervista-cult a Malcom Pagani per il Fatto Quotidiano), Alfonso Luigi Marra è specializzato, poundianamente, in cause contro le banche. Senza disdegnare la politica: fondatore nel 1987 del Partito di Azione per lo Sviluppo, «né di destra né di sinistra né di centro», fu eletto deputato europeo nel 1994, nelle liste di Forza Italia, da cui si dimise già nel ’96. Sostiene di aver formulato il diritto di famiglia australiano e steso la legge sulle etichettature dei prodotti ittici al dettaglio, a dimostrazione di un’intellettualità eclettica e cosmopolita che dev’essere d’esempio ai nostri provinciali intellettuali d’accatto.
Quali libri abbia scritto Marra non è così importante, e neppure chi li pubblica, anche perché si tratta di volumi autoprodotti, stampati da case editrici di amici suoi come AKIM e Omogeneitas, e che hanno unicamente opere di Marra in catalogo. Ma questi sono cavilli. Gli argomenti spaziano da uno scibile all’altro, come i titoli. Una dozzina. Tra i quali: Cucciolino. Scritti per una rivoluzione senza sangue, senza morti e senza conflitti (1987), La Storia di Aids (1993), Il complesso di Santippe (1995), La fase di Saul (1999) e soprattutto La storia di Giovanni e Margherita. La definizione del concetto di tempo, pubblicato la prima volta nel 1985, ristampato nel ’93, poi in una nuova edizione nel 2002, e infine riapparso (?) due anni fa con il nuovo titolo La storia di Giovanni e Margherita. Il modo di formazione del pensiero, un saggio divulgativo di psicanalisi sul «modo in cui l’individuo, sotto la spinta delle pulsioni fondamentali, elabora il suo sapere e giunge alla comprensione dei fenomeni». Anche se il vero fenomeno è Marra stesso. Il suo best seller, non nel senso del più venduto ma del più citato, è il nuovo e già citatissimo epistolario d’amore in sms Il labirinto femminile, «un’opera per liberare la coppia e la società dallo strategismo sentimentale che le tormenta». Sbertucciato da tutti, è stato sdoganato da Pietrangelo Buttafuoco su Panorama: «Altro che Galimberti. Marra è il più grande. E senza bisogno di copiare nessuno». Una consacrazione.
Per pubblicizzare il suo libro, l’avvocato-scrittore ha affinato le sue già collaudate e costosissime tecniche di promozione libraria. Una volta comprava paginate pubblicitarie negli inserti culturali dei giornali, come l’inserto libri della Stampa o del manifesto. Poi sono venuti i booktrailer con testimonial della bellezza di Aida Yespica e Sara Tommasi. E ora gli spot pubblicitari televisivi «d’autore». Quello interpretato da Manuela Arcuri ha avuto il privilegio di essere considerato dal popolo della Rete il peggiore spot del 2010 e da Aldo Grasso «così brutto da sfiorare il sublime», diventando - ovviamente - un cult. E a chi si è azzardato a far notare a Marra le migliaia di insulti che sul Web hanno seppellito lo spot, con lo stile da principe del Foro che lo contraddistingue, ha precisato, in punta di diritto, che «se togli le parole culo e figa, non rimane niente, sono decerebrati in libera uscita».
Sorta di Verdiglione in sedicesimo, abituato a difendere la propria causa fino all’ultimo grado di giudizio, l’avvocato Marra ha prima sostituito la Arcuri con Lele Mora, forse meno credibile ma indubbiamente di questi tempi più famoso, e poi, pochi giorni fa, con il volto e il corpo più celebri d’Italia, e non solo: per il suo Labirinto femminile ha scelto come testimonial d’eccezione Ruby Rubacuori, la 18enne marocchina al centro del sexygate di Arcore. Lo spot, già in lavorazione, sarà doppiato in otto lingue, compreso arabo e cinese.

La notizia che la Rai, come già in passato gli altri spot di Marra, lo trasmetterà immediatamente prima del Tg3 ha fatto arrabbiare la direttrice Bianca Berlinguer, che al termine dell’edizione serale dell’altroieri ha commentato: «Chissà che importante contributo sarà alla cultura nazional-popolare? La domanda, ovviamente, è ironica». L’unico che se la ride è Marra. Mentre tutti i suoi colleghi scrittori pietiscono una recensioncina di taglio basso.

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