Guido Mattioni
nostro inviato a Londra
Tre numeri: tre, quattro e otto. Ovvero tre arresti, su quattro ricercati, in otto giorni. Chi volesse, può giocarseli sulla ruota di Londra. Tre numeri che se non del tutto, alleggeriscono di molto la paura e lallarme che da settimane attanagliavano la capitale inglese. Ridandole anzitutto ciò che essa merita di più: la fiducia in se stessa e nelle sue caratteristiche di forza morale, ammirevole dignità e inflessibile spina dorsale. Perché una prova così terribile, i londinesi lhanno affrontata come ci si attendeva da loro: sempre a testa alta, senza pianti né autocompatimenti.
Ma la fiducia è ritornata anche nei confronti della polizia, che dai sanguinosi attentati del 7 luglio (56 vittime e 700 feriti) e dalla loro successiva replica, fortunatamente fallita, aveva subìto una vistosa caduta dimmagine per non essere stata in grado di prevedere cosa stesse ribollendo in quelle periferie dove più difficile è il mestiere di vivere e dove è anche più forte la presenza delle minoranze islamiche. Due elementi che, combinati, avevano fatto «reazione chimica». A sottovalutarla, in verità, era stata lintelligence, perché quello sarebbe il suo lavoro. La polizia, semmai, è chiamata poi a risolvere i guai. Ed è quello che ha fatto. Così questa «terna» - tre, quattro e otto - resterà come una medaglia al merito, la più luccicante nella lunga e gloriosa storia del Corpo, per tutti gli uomini della Metropolitan Police londinese, universalmente meglio nota come Scotland Yard.
Se si pensa infatti alla vastità e alla complessità di una città come Londra, è facile comprendere limmane compito portato a termine da tutti, dal capo della Met, sir Ian Blair, fino allultimo degli agenti ai suoi ordini. Immane per lo sforzo a cui sono stati sottoposti. E immane anche nei costi: 500mila sterline al giorno, pari a 725mila euro (o 1 miliardo e mezzo, per facilitare chi ragiona ancora in vecchie lire). Non a caso proprio laltroieri lo stesso Blair, descrivendo il lavoro in corso, lo aveva definito con la sua voce sommessa, lontana mille miglia dallenfasi così come lo è il personaggio, «la più grande operazione che la Metropolitan Police ha dovuto affrontare dalla Seconda Guerra Mondiale».
Blair non ha esagerato e i numeri sono lì a dimostrarlo. Basti dire che dal 7 luglio, giorno dei sanguinosi attentati, la hot line antiterrorismo ha ricevuto cinquemila chiamate di persone che segnalavano episodi sospetti, pacchetti inquietanti e persone non da meno. E a tutte le segnalazioni ha fatto seguito una verifica. Questo mentre un esercito di tremila agenti pattugliava 24 ore su 24 la città e negli uffici cera chi esaminava con pazienza certosina i filmati registrati dalle telecamere sparse in tutta la città: in tutto 15mila nastri. Questa, in particolare, è stata unoperazione in cui Blair ha creduto fin dal primo momento, perché proprio la diffusione delle immagini, accompagnata dallappello di collaborazione rivolto alla gente, è stata la chiave per instradare le indagini nella giusta direzione.
Laltro grande merito del cinquantatreenne superpoliziotto britannico, entrato nella Met a 21 anni come semplice agente in una stazione distaccata del quartiere di Soho e da lì, passo dopo passo, giunto fino al vertice, è stato però anche un altro. E cioè laver sempre ammonito, ogni giorno, con insistenza, anche dopo i primi successi delle indagini, del pericolo sempre incombente. Lo aveva fatto dopo lesaltante arresto a Birmingham del super ricercato Yasin Hassan Omar. E lo aveva ribadito dopo la retata che aveva portato in cella nove uomini e tre donne catturati in due diversi quartieri a sud di Londra. Un vero mastino, insomma, che non si stanca mai di ringhiare.
Dio salvi pure la Regina, ma soprattutto «servitori» così.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.