Giusto il tempo di lasciarci affascinare dai due begli album solisti del loro frontman Eddie Vedder - incantevole la colonna sonora di Into the Wild, il film del 2007 sul viaggiatore solitario Cristopher McCandless, intrigante l'esotismo ricercato e un po' tropical di Ukulele songs (2011)-, ed eccoli di nuovo sul palco insieme, gli anticommercialissimi e per questo compratissimi Pearl Jam, che stasera sbarcano a San Siro per la prima delle due date italiane del «Lightning Bolt Tour» (la seconda è domenica a Trieste, poi si vola a Vienna il 25). Tutto esaurito da subito, 62mila tickets volati in un soffio 4 mesi fa, per un live costruito su Lightning Bolt, decimo album in studio -poi ci sono ben 8 live ufficiali- della band grunge-rock di Seattle, uscito lo scorso autunno: tre quarti d'ora di musica che hanno convinto fans e critica. Ma non aspettatevi tutte le 12 tracce dell'album: saranno molti i successi storici disseminati in un concerto che, a giudicare dalle precedenti tappe, si annuncia generoso: senza voler rovinare la sorpresa, il totoscaletta mette in pole position Pendulum, settima traccia di Lightning Bolt, scritta dallo storico bassista (e designer, attivista, sperimentatore) Jeff Ament a quattro mani con il chitarrista Stone Gossard.
Gli altri membri del quintetto da sessanta milioni di dischi, che all'inizio penò non poco per darsi un nome definitivo, sono la chitarra solista Mike McCready e Matt Cameron, il batterista in condominio coi Soundgarden.
Nomi che sono ormai nella storia, e non solo negli Usa. Ma torniamo sul palco, tra t-shirt e immancabili pinocchietti (estivi e sempre un tantino grunge, anche se gli anni, detto con simpatia, passano per tutti). Sarà la sintesi di un lungo viaggio che dura ormai dal 1990: potremmo sentire Nothingman (rispolverato da Vitalogy, del 1994), Breakerfall (dal controverso Binaural, 2000), Corduroy (1994), All night (un raro outtake di No code), Animal (no, non quella dei Rem, questa è di 10 anni più vecchia: 1993), Got some (Backspacer, 2009), la nuova Mind your manners (il singolo che, un anno fa, anticipò l'ultimo album), Given to fly (fu un successone questo primo singolo di Yield, 1998), Who you are (si torna a No code, anche qui col primo singolo), l'ultima title track Lightning Bolt, poi una tirata mozzafiato con Even flow, Swallowed whole, Sirens, Light Years, Evacuation, Wish list, Porch. Che significa almeno altri 15 anni di storia del rock alternativo.
Già finita? No, qui cominciano i bis, che promettono un secondo e un terzo tempo. Il minimo, visto che i Pearl Jam non li si vede a Milano dal 2006! Forse vedremo anche un Vedder di nuovo in «selfie» per Sleeping by myself. Una storia non sempre lineare, quella dei Pearl Jam, specie nel rapporto con il successo: secondo il magazine Rolling stone il gruppo «spese la maggior parte degli anni Novanta a cercare di allontanare la propria fama».
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