Dalla grande Storia a una storia familiare: "Cambio di clima" per Hilary Mantel

Il romanzo racconta la vicenda degli Eldred dediti alla carità e stravolti da una tragedia

Dalla grande Storia a una storia familiare: "Cambio di clima" per Hilary Mantel

Hilary Mantel, morta nel settembre del 2022 a settant'anni, è considerata la regina del romanzo storico, grazie a La storia segreta della rivoluzione francese (dove ci porta in maniera strepitosa a tu per tu con Robespierre, Danton e Desmoulins) e alla trilogia dedicata al braccio destro di Enrico VIII, Thomas Cromwell (per la quale ha vinto due Booker Prize). Ma la scrittrice inglese ha scritto anche romanzi basati sulla sua stessa esperienza (come Otto mesi a Ghazzah Street, sugli anni trascorsi a Jeddah con il marito o il memoir I fantasmi di una vita), inquietanti come Al di là del nero (su una medium e i suoi demoni) e The Giant, O'Brien (dedicato a un gigante, un freak nella Londra settecentesca), o «di formazione» (Un esperimento d'amore, che ovviamente non è affatto romantico...). Ora Fazi, editore italiano di tutti i libri di Hilary Mantel, pubblica Cambio di clima (pagg. 362, euro 20; in libreria da oggi), che uscì nel 1994 in Gran Bretagna ma che da noi era finora inedito. È la storia della famiglia Eldred, dedita a opere di assistenza e carità, che accoglie a casa propria, nel Norfolk, decine di bisognosi, ma che nasconde un segreto terribile che affonda nel passato, quando i coniugi Ralph e Anna vivevano in una missione in Sud Africa (una vicenda ispirata a inchieste lette dalla Mantel quando abitava in Botswana con il marito). Per gentile concessione dell'editore Fazi, pubblichiamo qui il Prologo del romanzo.

Eleonora Barbieri

Un giorno, quando Kit aveva dieci anni, una delle ospiti si tagliò i polsi in cucina. Era appena avviata a quel freddo, difficile genere di morte che Kit entrò per versarsi un bicchiere di latte.

Joan, la donna, aveva sessant'anni e indossava un vestito di poliestere preso in un negozio di beneficenza. Prototipo della casalinga, aveva scelto di far scolare il sangue nel lavello. Quando Kit le sfiorò il gomito per richiamare la sua attenzione, poggiò il coltello sul gocciolatoio e con la mano buona tentò di coprirle gli occhi.

Kit, a quel punto della vita, non si sorprendeva quasi di niente. Mentre si infilava sotto il braccio della donna pensò: Quello è il nostro coltello del pane, scusami tanto; ma disse: "Non dovrebbe fare una cosa del genere, Joan, perché non si allontana dal lavello e si siede su questa sedia mentre io prendo la cassetta del pronto soccorso?".

La donna si lasciò condurre verso la sedia, accanto al tavolo della cucina. Kit tirò fuori dal cassetto un canovaccio pulito e glielo avvolse intorno al polso. Il canovaccio era bianco e rosso, a scacchi; il sangue ricalcitrante di Joan impregnò di nero la stoffa. I tagli erano leggeri, iniziali, indecisi: tagli di prova. "Muova le dita", disse Kit, "si assicuri di non aver provocato danni". La donna guardò con terrore illacrime la mano mentre la bambina salì su uno sgabello e pigliò la cassetta dal pensile.

"Meno male che a scuola è vacanza", disse tirando fuori le bende e le forbici con la punta smussata, "altrimenti non sarei stata a casa. Ero di sopra a leggere un libro. Si chiama The Children of the New Forest. L'ha letto? Parla di una famiglia come la nostra, due maschi e due femmine, ma vissuti tanto tempo fa, al tempo dei tempi".

Ho le mani di ricotta, pensò. Sentì la sua voce che continuava a parlare. A scuola le stavano insegnando il primo soccorso. Dicevano: "Rassicurate il paziente". "I bambini vivono da soli nella foresta". Joan annuì: di nuovo quel cenno stordito, inebetito del capo. "Sono fedeli al re. Devono nascondersi dai loro nemici".

Kit temeva che Joan svenisse finendo a peso morto sul pavimento di pietra. "Le prendo un bicchiere d'acqua", disse. "Anzi, secondo me potrebbe addirittura bere un po' di tè caldo zuccherato".

Pensò: Povera Joan, forse vuole solo morire. È proprio come dice sempre papà: Quando ti serve un coltello affilato non lo trovi mai.

Mentre riempiva il bollitore sentì l'automobile della madre. Conosceva lo stridore, i rantoli e gli scricchiolii che mandava mentre risaliva ballonzolante la stradina. Il sollievo le invase il corpo, le piegò le ginocchia. Poggiò il bollitore sulla piastra e, mentre puliva con il disinfettante il lavello, lei entrò.

Anna poggiò la borsa sul tavolo. Vide, più addolorata che sorpresa, la sagoma di Joan riversa sul ripiano. Disse: "Un tè anche per me, Kit".

Quella sera Kit colse le ultime battute di una conversazione sussurrata: "Ralph, non mi hai detto che era a rischio suicidio".

"Non l'ho detto perché non lo sapevo". Kit richiuse la porta della sua camera; non voleva ascoltare i pensieri che i genitori si scambiavano in privato.

Tre giorni dopo, in cucina, trovò la madre carponi vicino al lavandino, a strofinare con la spazzola le lastre di pietra. "Il sangue non c'è più", disse Kit perplessa. "L'ho pulito io".

Anna non le rispose ma si alzò, prese il secchio e gettò l'acqua insaponata nel lavello.

Joan ormai se ne era andata portando via con sé tutto ciò che possedeva nei due bustoni con cui era arrivata. Non erano rare le uscite di scena improvvise tra i loro ospiti; non erano ospiti come quelli che arrivavano nelle case degli altri. Ralph si informò presso la polizia, l'Esercito della salvezza e il Servizio Sanitario ma fu un buco nell'acqua. Quando Anna andò a controllare la cassetta del pronto soccorso tenerla rifornita era una delle sue responsabilità si accorse che Joan aveva preso una benda in più. Lo considerarono un segno di speranza.

Negli anni in cui i figli crescevano, la casa era piena di persone come Joan. Ralph le portava dall'ostello di Londra, finanziato dall'istituto di beneficenza per cui lavorava. Altre le ospitava quando i servizi sociali non sapevano come sistemarle o nell'ospedale psichiatrico della zona non c'erano posti disponibili. A volte si presentavano da sole, acquattandosi al riparo dal vento in una delle casupole esterne finché lui non tornava a casa. "La tal dei tali è un caso pietoso", diceva; e nel corso degli anni in famiglia presero a chiamarle così: i casi pietosi. Altre le chiamava le anime buone. "Vostra zia Emma dà un passaggio al tal dei tali mentre va al centro di riabilitazione di Norwich. È un'anima buona".

E così

si divideva il mondo mentre Kit cresceva: le anime buone e i casi pietosi. Per la malvagità non c'era posto.

(Hilary Mantel, Cambio di clima, Copyright 1994 Tertius Enterprises Ltd, Copyright 2025 Fazi Editore srl)

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