da Torino
La fortuna ritrovata di una scrittrice dimenticata. Grazia Deledda è l'unica donna italiana ad aver vinto il premio Nobel e, proprio il prossimo anno, correrà il centenario del prestigioso alloro dell'Accademia di Svezia, che vinse nel 1926. Tra il 2024 e il 2025 due film l'hanno celebrata (Grazia e L'amore e la gloria) cui se ne aggiunge ora un terzo, Quasi Grazia, ricavato da un romanzo biografico di Marcello Fois e oggi presentato al Torino Film Festival diretto da Giulio Base. Nessuno dei tre è un documentario, tutti si focalizzano sulla figura di un'autrice mai adeguatamente rivalutata.
Quasi Grazia, del regista sardo Peter Marcias con Laura Morante nelle vesti della romanziera, si concentra su tre fasi della vita della Deledda. Il rapporto con la madre che riflette il clima familiare. La conquista del Nobel. La malattia. L'impronta è data dal carattere fermo e deciso dell'autrice, immersa nelle letture e concentrata nell'inventare storie, che stride con la ragazza che i genitori avrebbero voluto, più attaccata alla concretezza e meno astratta. Ed è proprio la scrittrice, con il piglio sicuro della sua determinazione a tener testa alla madre che la considera una fallita.
Il passaggio al tributo mondiale con il Nobel fa da contraltare diretto al ritratto della modesta mamma, legata alle sue origini, sottolineando così il contrasto fra il provincialismo rassegnato della donna e l'ambizione autorevole della figlia. Un rapporto che s'incrina anche attraverso la figura del fratello malato Santus, rimasto indietro negli studi e privo di individuali soddisfazioni, al confronto della sorella che può contare su un marito serio e affidabile - "La mia fortuna sei tu" gli confessa in un fotogramma - e una discendenza che trova soprattutto nella nipote la sicurezza e l'affetto.
Nuovo transito verso l'ultima parte che conduce alla malattia e alla morte. Un iniziale tumore al seno, sulle prime sconfitto, si ripresenta più minaccioso e fa imboccare alla romanziera il tunnel da cui non c'è ritorno. Una dinamica purtroppo quotidiana ai giorni nostri che allora - ed era un secolo fa - aveva il sapore amaro di una tragica primizia. Il crollo delle speranze. L'anno zero della ricerca e delle cure danno la portata di quanto è cambiato ma quanta strada resta ancora da percorrere.
Grazia Deledda è raccontata con eleganza, senza indugiare in citazioni letterarie del tutto assenti per privilegiare invece la donna. La moglie. La scrittrice. Tra i successi e le cadute. Nelle conquiste e nelle sconfitte.
Marcias rende omaggio alla propria terra restituendo lo spessore di una delle sue figlie più autorevoli senza cadere né compiacere in un femminismo d'accatto che poco lusingherebbe la letteratura, l'arte, la vita, la società di oggi e la figura femminile. Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo anno. Sarà il ricordo di una gloria immortale, disgraziatamente tanto mortale da aver sfiorato l'oblio.