Grazie ad Eluana diventerò lettore del «Giornale»

Caro Direttore,
non sono un suo abbonato, né un suo abituale lettore. Tuttavia lo diventerò, lo sto diventando, perché nella vicenda Englaro lei ci ha messo «la faccia»; in certi casi si può anche rischiare la carriera, il posto ecc. Ho trovato illuminanti i suoi editoriali, il lavoro dei suoi giornalisti. Grazie, allora, per la franchezza, la serietà e la verità con la quale ha (e avete) seguito il calvario di Eluana. Grazie per i suoi editoriali, pacati e profondi, che non erano un calibrato giro di parole per «dire e non dire», per essere «equidistanti e equilibrati», ma una testimonianza di verità, di chi si sente interpellato, sino alle midolla, dalla vita e dalla morte. Di chi ha sete di verità, di chi è affamato di conoscenze vere e non di quelle del «politicamente corretto». Grazie e ancora grazie per la schiettezza, per i suoi interrogativi che ha cercato di infondere in quanti hanno tentato di capirci un po’ di più. In quanti non si accontentavano della legge, dei protocolli, delle libertà individuali, delle manfrine filosofiche dei radicali, del «posso decidere per conto mio». In quanti hanno visto nelle suore di Lecco un Amore che per lunghi anni ha abbracciato il dolore, un Amore che si è chinato su un corpo sofferente e ha saputo guardare al di là del visibile. In un Amore che sa umiliarsi fino a non ricevere nulla in cambio come è accaduto alle suore di Lecco. Vogliamo disporre della nostra morte perché ci fa orrore ma «non si può anticipare l’alba se si ha paura del buio». Grazie di tutto e continuate a stare sul versante della vita perché la vita vale.

Mi assicurano in segreteria di redazione, dove ci sono alcuni custodi della memoria storica del Giornale, che raramente un avvenimento, un fatto, un episodio aveva scatenato tanta partecipazione fra i nostri lettori. La quantità di lettere, messaggi, commenti mail arrivati è stata negli ultimi giorni (diciamo: da venerdì in poi) davvero impressionante. C’è qualche dissenso, naturalmente, perché le questioni etiche come sempre lacerano tutti; ma la maggior parte dei lettori ha condiviso e sostenuto con entusiasmo la nostra battaglia per la vita, che ci ha consentito di raggiungere anche qualche nuovo lettore, come il dottor Di Matteo. Ho già parlato molto di Eluana, per ora non vorrei aggiungere altro. Quello che pensiamo del resto l’abbiamo sempre detto a voce alta, senza ipocrisie, senza paura del «politicamente corretto». Questi sono i costumi della casa, questo è lo spirito del Giornale. E ringrazio in particolare quei lettori che hanno continuato a condividere e apprezzare questo spirito, anche quando non condividevano fino in fondo i contenuti. Noi, lo sapete, ci siamo schierati per la vita sin da subito, prima che la questione diventasse politica, prima che dilaniasse i palazzi, prima che si trasformasse in scontro istituzionale. Ci siamo schierati per la vita sulla base di un principio semplice e molto liberale: non è possibile accettare che un tribunale condanni a morte una persona per fame e per sete sulla base di una sua volontà presunta. La battaglia, ora, è finita.

Abbiamo perso, eppure forse nello stesso tempo abbiamo vinto. Eluana, in effetti, è morta, non ce l’abbiamo fatta a salvarla. Ma dal numero di lettere che abbiamo ricevuto in questi giorni siamo sicuri che da oggi la vita ha tanti convinti sostenitori in più.

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