La Grecia si è presentata ieri pomeriggio allesame della vita con lEurogruppo con in tasca non uno, bensì due accordi: quello sulle nuove misure di austerity, e anche quello con le banche sulla ristrutturazione del debito. Ancor prima dellinizio del vertice di Bruxelles, si è però capito subito che lo sblocco della seconda tranche di aiuti da 130 miliardi di euro, vitale per impedire il default di Atene, non sarebbe stata una semplice formalità da sbrigare in giornata. Il primo a far capire che aria tirava è stato proprio il presidente dellEurogruppo, Jean-Claude Juncker: «Se (lintesa, ndr) non è per stasera (ieri), sarà per la settimana prossima. Non sarebbe una catastrofe». Meno morbidi i toni del sanguigno ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble: «I nuovi tagli non sembrano ancora sufficienti».
Ecco il punto: la sensazione che la Grecia abbia un po troppo tirato la corda durante gli interminabili negoziati con la troika Ue-Bce-Fmi. Date ormai per concluse mercoledì sera dopo quattro giorni di continue riunioni, le trattative si sono incagliate in nottata sui tagli alla spesa pensionistica. Ci sono volute ben 11 ore prima che il premier Lucas Papademos riuscisse a siglare il patto economico-sociale con i leader dei tre partiti che lo appoggiano (Pasok, Nuova Democrazia e Laos). Lannuncio è stato dato solo ieri pomeriggio, a un paio dore dallinizio dellEurogruppo. Troppo poco, quindi, il tempo a disposizione per esaminare le misure prese, sui cui contenuti è ancora atteso peraltro un comunicato ufficiale di Atene. Ogni valutazione è così ancora basata su indiscrezioni che convergono su un valore delle pluri-manovre, nei prossimi quattro anni, di 13 miliardi contro i sette finora previsti. Il fulcro delle misure di austerity è costituito dal taglio di 150mila dipendenti pubblici entro il 2015 (15mila le uscite previste questanno) e da un riduzione del 20% dei salari minimi, attualmente pari a 751 euro. Non è invece chiaro al momento quale sarà lintervento sulle pensioni. Limpegno sarebbe quello di assicurare un risparmio annuale della spesa previdenziale pari allo 0,4% del Pil. Entro fine aprile la banca centrale dovrà inoltre comunicare alle banche il calendario per le ricapitalizzazioni che saranno finanziate attraverso il fondo di stabilità finanziaria della Grecia. Quanto alle privatizzazioni, sarebbe confermata la volontà ad anticipare operazioni per 50 miliardi, incluse quelle per ottenere 19 miliardi entro il 2015.
Insomma, i punti da chiarire non mancano. E ciò spiega la diffidenza dei partner europei. Riassunta sia dalle parole della Cancelliera, Angela Merkel («Alcune misure urgentemente necessarie sono state accettate su carta, ma in gran parte restano ancora irrealizzate»), sia da quelle del direttore generale del Fmi, Christine Lagarde («È un buon inizio, ma resta ancora molto da fare»). Ue e Fmi vogliono inoltre la garanzia che gli impegni presi saranno rispettati anche dopo il voto previsto in Grecia in aprile. Quanto allo swap del debito con i creditori privati, non si sa ancora su quali basi (taglio del capitale sui bond del 70-75%?) è stato sottoscritto. Dal valore dellhaircut dipende lentità del buco che potrebbe emergere anche dopo leventuale erogazione del prestito da 130 miliardi. Finora questo gap è stato stimato in circa 15 miliardi, e si è ventilato un possibile intervento della Bce. Al termine della riunione di ieri che ha lasciato i tassi invariati all1%, Mario Draghi ha rilasciato dichiarazioni che sembrano aprire alla possibilità di un contributo indiretto dellEurotower alla riduzione del debito greco. A chi gli chiedeva della possibilità di cessione dei bond greci della Bce al fondo salva-Stati, Draghi ha spiegato come «dare soldi in questa forma allEfsf, controllato dai governi, equivale al finanziamento monetario (vietato dai trattati, ndr). Dare invece una parte dei propri utili (provenienti dagli interessi sui bond di Atene in portafoglio ndr) agli Stati membri delleuro zona non rappresenta una forma di finanziamento monetario».
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