Grida, gesti e sguardi: tensione tra Gianfranco e Silvio

Una stretta di mano veloce nell'intervallo tra i due interventi. Ma è scontro aperto. All'Auditorium applausi, fischi e schiamazzi. Fini accusa il Pdl. Il premier replica secco e lo invita a dimettersi. Scoppia la bagarre

Grida, gesti e sguardi: tensione tra Gianfranco e Silvio

Roma - "Ma dai, Gianfranco...", dice mentre parla l’altro. Poi Silvio e Gianfranco si stringono la mano senza neanche guardarsi in faccia e si cambiano di posto, il primo al palco dell’oratore e l’altro in platea. "Prendo atto con piacere che Gianfranco ha cambiato opinione...". Ma Fini non ha cambiato idea e si incarica di chiarirlo al premier con grande chiarezza, tanto da alzarsi in piedi, dalla prima fila della platea dove era tornato al termine del suo intervento, per ribattere al volo a Berlusconi. Con la stessa foga, con il braccio levato verso l’alto, Fini gli dà sulla voce ma è Berlusconi al microfono. E il riserbo degli incontri riservati salta per aria. E' salo uno dei tanti passaggi in cui il presidente della Camera e il premier si sono travati - faccia a faccia - a doversi confrontare.

Lealtà e tradimento Il clima diventa subito più teso e quale sia il mood di Fini si capisce dalla battuta che dà corpo al sorriso amaro, l’unico della mattinata, con il quale aveva accolto il fatto di essere presentato da Berlusconi insieme alla schiera degli altri partiti minori confluiti nel Pdl, anche lui cofondatore tra i "cofondatori". Quando l’accezione corrente identifica in due i cofondatori, Berlusconi e lui. Ecco perchè Fini osserva: "Ho scoperto oggi quanti siamo ad aver cofondato questo partito...". Poi si fa sul serio, Fini dice che la regia della giornata "è puerile" ed è chiaro a chi si riferisca visto che la direzione dei lavori è direttamente seguita da Berlusconi. Infatti è lui che lo interrompe, seduto al tavolo di presidenza alla destra del palco, quando Fini gli si rivolge chiamandolo per cognome per rivendicare la differenza tra "chi parla apertamente e chi adora il leader salvo poi dire cose del tutto diverse quando non c’è". E ricorda di essere stato chiamato "traditore". "Non attribuirmi cose che non ho detto", sbotta Berlusconi che si aiuta con un ampio gesto della mano, e con un tono di voce più alto e secco del resto della giornata.

Lo scontro sui media  "Per aver posto delle questioni nei mesi sono stato oggetto di un attacco mediatico da colleghi altamente pagati" da giornali di proprietà di "stretti parenti, sappiamo tutti quali sono le proprietà dei giornali e che sono gli editori che pagano i direttori". Questo l'attacco del presidente della Camera. Un attacco che non proprio piaciuto a Berlusconi. Anziché il Giornale, "mi sembra che critico verso di te sia Libero, che appartiene ad Angelucci ex An e tuo amico personale". Berlusconi ha, quindi, ribadito di essersi "distinto" dalle posizioni del Giornale e di averne chiesto al fratello Paolo la vendita della testata.

Berlusconi mostra insofferenza Altro duro scontro è sulla giustizia, con Fini che fa un esempio concreto dell’"impressione sbagliata" che si dà sulla riforma se poi viene accompagnata da provvedimenti che "sembrano voler garantire sacche di impunità". L’esempio è la legge sulla prescrizione breve: "Ti ricordi che litigata a quattr’occhi sulla prescrizione breve, diciamolo a tutti sennò ci prendono per matti... Con 600mila processi che sarebbero stati cancellati". Il premier interrompe: "Su 8 milioni...". Ma Fini prosegue: "Berlusconi è inutile che mostri insofferenza. Ma mi dici come si fa a dire 'legalità e riforma della Giustizia'?"

Le posizioni di Fini "Hai cambiato totalmente posizione... Allora Gianfranco... Allora, parliamoci chiaro... Sono venuto da te martedì e davanti a Gianni Letta - ormai Berlusconi urla - mi ha detto punto primo mi sono pentito di aver collaborato a fondare il Popolo della libertà. Punto secondo, voglio fare un gruppo parlamentare diviso...". La platea partecipa altrettanto interattivamente, e sottolinea con applausi e fischi ora l’uno ora l’altro, ma l’applausometro è senza storia, dalla parte del presidente del Consiglio. "Gianfranco si è rivolto a me in termini diretti e quindi mi pare anche logico prima di proseguire con gli interventi di affrontare i temi che ha proposto", aveva esordito Berlusconi prima della bagarre che poi si ripete in chiusura, con toni ancora più lividi. Quando Fini chiede provocatoriamente a Berlusconi: "E allora che fai, mi cacci?". "Mi pareva di sognare, perchè ha avanzato tutta una serie di questioni, domande e temi da affrontare che magari fosse successo così in questi ultimi mesi", osserva il leader del Pdl. "Disponibilissimi a luoghi di discussione", dice ma "con la moderazione propria della nostra famiglia politica, per trovare insieme delle soluzioni, e su questo Gianfranco ha la nostra totale adesione. Devo dire tuttavia che queste cose utili che lui ha richiesto a me non erano mai arrivate". "Non mi è arrivata - ribadisce - richiesta di convocazione di uffici di presidenza, di direzioni... Ma quello di questi ultimi giorni - e qui Berlusconi comincia a salire di tono - è il modo opposto a quello con cui il nostro partito è stato esposto al pubblico ludibrio con le presenze in televisione di Bocchino, di Urso, di Raisi".

La bagarre finale Questo passaggio è a voce altissima, e quello che si leva dalla platea e un vero e proprio boato. "La Sicilia? Ti rispondo subito - dice un Berlusconi ormai in piena - per iniziativa di La Russa abbiamo fatto una riunione con i coordinatori e in presenza di una campagna elettorale abbiamo deciso di soprassedere ad affrontare il problema fino a dopo le regionali, perchè era inutile nel mezzo di una campagna elettorale. E permettimi, sei stato tu ad aver consentito a tuoi uomini di partecipare. Otto dei tuoi nel Pdl Sicilia, sul quale interverremo da martedì".

La chiusa di questa parte del match che sembra la replica in grande scala degli scontri ospitati dagli studi tv nell’ultima settimana, è il senso di tutto l’intervento di Berlusconi: "Questa è la realtà, non cambiamo le carte in tavola".

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