Grillo ha svelato la sinistra di regime

Il presidente del Consiglio ha detto che Beppe Grillo vuole fondare un partito. In certo modo è vero, ma è molto lontano dal partito che organizza militanze e appartenenze. Sceglie invece il contrario, la puntualità degli obiettivi e la mobilità di coloro che lo sostengono. Fa una politica interamente diversa dalla forma partito e per questo non organizzerà mai elezioni, se non incidentalmente. Quello che vuole ottenere è un potere di interdizione politica, agendo sul giudizio dei singoli su temi determinati. Non vi è dubbio che il libro sulla Casta abbia fornito una straordinaria forma di piattaforma politica. Ha permesso di criticare il comportamento dei partiti senza indicare alternative. Ha colto le possibilità che il web offre: quella di stabilire legami friabili tra persone che hanno scelto internet come mezzo di libertà e forma più incisiva per rimanere singoli, in una comunione che nulla impone e nulla toglie.
Certamente Grillo si eserciterà su temi concreti come l’azione del ministro Mastella contro il procuratore aggiunto di Catanzaro, titolare di un’inchiesta in cui Prodi e Mastella erano indagati. E non mancheranno altri temi; e forse Mastella, l’esponente più attivo del governo Prodi, quello che agisce su temi politicamente sensibili come quelli della giustizia, è l’obiettivo preferito della satira grillesca. Grillo si comporta non come un partito, ma come una magistratura censoria, assume le stesse funzioni che si è posta in Italia la magistratura, e per questo trova il supporto del ministro Di Pietro, che lo vede come la continuazione di Mani Pulite.
Rimane il problema: perché il grillismo abbia inciso soltanto sull’elettorato di sinistra. Attaccare Berlusconi è divenuto a un tempo così rituale e insoddisfacente nella sua radicalità da rendere Berlusconi invulnerabile alle critiche: l’antiberlusconismo gli ha procurato una potente corazza contro una delegittimazione mondiale. Attaccare Fini o Casini non farebbe storia, al massimo può essere un filone laterale e Fini ha già preso le sue misure criticando il direttore del Tg2 che era intervenuto censurando, come Scalfari, il linguaggio di Grillo come pericoloso e fascista. Non rimane che l’attacco a sinistra. In primo luogo perché è evidente che la «casta» è di sinistra, sta negli undici partiti che hanno allargato il peso della politica e l’amministrazione per dare spazio al proprio ceto politico. In questo modo Grillo tocca addirittura il sistema preferito da Berlusconi: quello di considerare l’essenza del governo Prodi come occupazione totale del potere, un regime. Dal punto di vista del centrodestra, Grillo può avere una funzione liberale perché la «casta» è di sinistra ed è la forma ormai del regime aperto, come è parso chiaro sulla questione Rai. Ma Grillo ha toccato un punto più netto a sinistra, perché ha individuato la tensione tra l’essere di sinistra del popolo e il modo di esserlo della classe dirigente. Liquidare la tradizione comunista nel Partito democratico per cercare la liberazione da una qualifica che impedisce la maggiorità politica è un’operazione di vertice. Fondere la tradizione comunista con quella dei democristiani di sinistra non corrisponde al sentimento del popolo ed è ovunque imposta proprio dalla forza di organizzazione dei Ds in quanto partito comunista. È l’antica «obbedienza, cieca, pronta e assoluta» che spinge il popolo delle feste dell’Unità ad accettare a malincuore di votare per l’abolizione del partito che ha costituito per essi un’identificazione personale di appartenenza politica. L’occupazione totale del potere è giustificata e accompagnata dalla liquidazione della tradizione politica che ha dominato l’interpretazione della Costituzione e della storia della Repubblica e che ha costituito il fattore dominante della politica italiana. Criticare la «casta» è il segno della protesta a sinistra contro la figura che è stata prodotta da essa più di chiunque in Italia: il partito. E ciò avviene non con un giornale, ma con un sito che permette la comunicazione dei singoli su cose singole e crea mobilitazione senza creare organizzazione.
Ciò avviene in un momento difficilissimo per la sinistra, che deve far votare Veltroni segretario del partito il 14 ottobre.

Che farà Grillo? Questa domanda è la più interessante che oggi si possa porre. Legittimerà la convocazione o ne criticherà i rappresentanti? Non mai in forma alternativa, ma sempre con il potere censorio di provocare sentimenti e passioni attraverso uno strumento che raccoglie lasciando liberi.

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