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La guerra ai rifiuti. Bangkok in trincea contro la plastica

Centri di riciclo illegali, isole e parchi devastati, turisti indisciplinati. Via a misure drastiche: multe, carcere e spazzatura rispedita a casa o in hotel

La guerra ai rifiuti. Bangkok in trincea contro la plastica

La Thailandia sta tentando di cambiare immagine per sottrarsi al supplizio dei troppi luoghi comuni. La capitale Bangkok, in particolar modo, vuole perdere la condizione di immenso centro di massaggi del sudest asiatico, prima al servizio di soldati nordamericani che combattevano in Vietnam e poi di turisti maschi da ogni parte del mondo. Oggi la Thailandia ha tutte le intenzioni di proporsi come nazione moderna e all'avanguardia e il governo del premier Prayut Chan-o-Cha ha imboccato la strada della salvaguardia ambientale. Qualche mese fa ha fatto scalpore (e il giro del globo) l'iniziativa del ministro dell'Ambiente Varawut Silpa Archa a difesa del parco di Khao Yai, il più antico della Thailandia. Sul proprio profilo Facebook il ministro aveva postato una foto di rifiuti, bottiglie di plastica vuote, lattine, pacchetti di patatine, corredata dalla frase «se i turisti non smetteranno di gettare rifiuti nella riserva, se li ritroveranno a casa». Nel post c'era tra l'altro scritto che i trasgressori sarebbero stati puniti con cinque anni di prigione e multe molto elevate. La spazzatura nel parco mette a rischio le specie animali del Khao Ya. Il parco, grande 2mila chilometri quadrati, è noto per i paesaggi e le cascate ed è patrimonio dell'Unesco.

Una provocazione? Tutt'altro. Le multe sono state puntualmente comminate dopo che la spazzatura è stata recapitata davanti alle porte delle camere d'hotel dei turisti indisciplinati. I visitatori che entravano nel parco dovevano registrarsi lasciando anche il loro indirizzo. Non che nel parco mancassero gli avvisi di rispetto della natura, ma pochi seguivano le regole. Per questo l'intervento dei ranger e del ministro. «Facciamo di tutto per rendere la visita il più piacevole possibile. I turisti che vengono qui devono solo godere di questa meravigliosa natura. Non vogliamo che ci ringrazino lasciando mucchi di spazzatura. Chiediamo a ogni turista di mettere l'immondizia nei bidoni. Quello che lasciate in giro può uccidere gli animali selvatici che cercano cibo nella zona», ha spiegato Silpa Archa. L'iniziativa ha funzionato così bene che il governo di Bangkok ha deciso di estendere l'esperimento a tutte le aree urbane del Paese. Il progetto è stato finanziato con un investimento pari a 4 miliardi di dollari, e nasce anche per cancellare i disastri del 2018. Nel maggio di due anni fa le autorità scoprirono infatti un traffico di plastica importata dall'estero. Lo scandalo venne alla luce dopo l'irruzione della polizia in un impianto di riciclo dei rifiuti a Chachoengsao, a est di Bangkok. I gestori vennero condannati per contrabbando di rifiuti e incenerimento degli stessi all'interno della struttura. Lavoratori non formati, e retribuiti in nero, venivano sfruttati per pochi dollari al mese, costretti a manipolare e bruciare rifiuti pericolosi, esponendo se stessi e l'ambiente circostante a possibili contaminazioni da metalli pesanti.

La scoperta ha portato a un giro di vite su diversi impianti, per un totale di oltre 210mila tonnellate di plastica importata da 35 Paesi esteri. Molti dei gestori dei siti hanno ammesso alla polizia di non aver idea di che tipo di rifiuto avessero fra le mani o di come dovesse essere trattato. E probabilmente non sorprende scoprire che la maggior parte dei proprietari di queste strutture di riciclaggio venissero dalla Cina. Con i nuovi divieti imposti da Pechino, molti imprenditori cinesi hanno dovuto spostare il proprio business nei Paesi vicini. Solo in Thailandia dall'inizio del 2020 a oggi sono stati avviati o presentati progetti per circa un centinaio di strutture di trattamento rifiuti, gestite da cinesi. Il volume di spazzatura estera finito in Thailandia, soprattutto per quanto riguarda i prodotti elettrici ed elettronici, sta costringendo il governo a seguire le orme della Repubblica popolare, cercando di frenare i traffici. Secondo quanto riferisce il ministero dell'Ambiente, i doganieri thailandesi stanno attualmente respingendo 20 container di rifiuti elettronici al giorno in entrata nei porti nazionali, e nei prossimi mesi il governo dovrebbe approvare una legge che vieti l'import della plastica.

«Lavoriamo su due fronti - ha commentato il ministro Silpa Archa - abbiamo grossi problemi con l'estero, ma al tempo stesso dobbiamo imparare a educare la nostra popolazione. Quello del parco Khao Ya è stato un esperimento pilota che ha funzionato ben oltre le nostre aspettative. Se il deterrente è stato fondamentale con il flusso turistico, siamo dell'idea che possa accadere ugualmente con i nostri cittadini. Non possiamo far soffocare Bangkok e le altre città di plastica e di ogni genere di rifiuti abbandonati». Ma come si fa a risalire al colpevole e alla sua residenza? Semplice, i cittadini dovranno registrarsi a un'apposita anagrafe ambientale, lasciando il loro indirizzo. In questo modo, se sgarrano, verranno rintracciati più facilmente dai ranger e segnalati anche alla polizia.

Un tempo i problemi di Bangkok erano quasi tutti sessuali o della ramificazione dei commerci di droga, in un triangolo che comprendeva parte della Thailandia e della Birmania, controllato dai signori del narcotraffico e della guerra. Oggi è l'inquinamento il nemico numero uno da combattere. «Non siamo affatto spaventati dalla mole di lavoro che ci attende - commenta il responsabile del dicastero del Turismo Pipat Ratchakitprakan -. Non dimentichiamo che nel 2019 abbiamo addirittura chiuso al turismo l'isola di Koh Phi Phi, perdendo una montagna di denaro, ma preservando così l'area dalla devastazione degli incivili».

L'isola, e la suggestiva spiaggia di Maya Bay, visitata da circa 4mila turisti al giorno, aveva bisogno di un periodo di stop per riprendersi dai danni causati alla barriera corallina dalle barche che attraccavano sul sito per tutta l'alta stagione, e per il pattume accumulato dalla purtroppo reiterata inciviltà di parte dei turisti.

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