Marcello Foa
Il più esplicito è il cancelliere tedesco Angela Merkel, e per una volta i leader dei Venticinque Paesi dellUnione europea sono daccordo: «La Ue offre sicurezza per quanto riguarda i suoi settori nellenergia - afferma il capo del governo tedesco - e ci aspettiamo lo stesso dalla Russia». Il leader europei sono riuniti a Lahti, in Finlandia, per un vertice europeo informale. Mosca è a poca distanza in linea daria. E infatti a cena arriva lospite più atteso, Vladimir Putin.
Ma non è una lieta ricorrenza, perché il capo del Cremlino porta con sé una raffica di niet. E anziché tentare di abbassare le tensioni, approfitta delloccasione per alzarle. Sa di essere molto forte in questo momento. Laumento del prezzo del petrolio e del gas ha reso la Russia un partner indispensabile per lUnione europea, che dipende largamente dal metano siberiano per soddisfare i propri approvvigionamenti energetici. Lo scorso dicembre ha piegato lUcraina facendo leva sul ricatto. Sebbene linverno sia alle porte, lEuropa non corre lo stesso rischio; non ancora perlomeno.
La partita tra la Ue e Mosca si gioca su un altro livello, quello del libero accesso ai mercati energetici. La Russia chiede di poter distribuire il greggio e il metano direttamente allinterno dei Venticinque Paesi; lUnione europea pretende di partecipare alla gestione degli oleodotti e allo sfruttamento dei giacimenti.
Tra le due, la richiesta che pesa di più, in termini economici, è la seconda; soprattutto considerando che fino a poco tempo fa alcune compagnie occidentali potevano contare su accordi che ora invece il Cremlino tende a rinnegare. Uno su tutti: il progetto Shakalin 2, in base al quale il governo russo lanno scorso aveva concesso alla Shell di raddoppiare gli investimenti nei ricchi giacimenti dellestremo oriente russo. Gli accordi però prevedevano che lo Stato avrebbe cominciato a incassare solo quando il gruppo britannico-olandese avesse ammortizzato delle spese sostenute.
Ma poi il Cremlino ci ha ripensato: si è accorto che avrebbe dovuto aspettare molti anni. Troppi. Vuole partecipare subito al «banchetto», attraverso la Sibir Energy. E allora, guarda il caso, ecco sorgere tanti imprevisti. Ad esempio, quello del ministero dellAmbiente che minaccia di annullare la concessione, adducendo le denunce circostanziate di gruppi ecologisti. Oppure - ed è la sorpresa riservata ieri da Putin agli europei - ecco aprirsi un contenzioso fiscale: le autorità tributarie pretendono dalla Shell il pagamento di tributi arretrati. Lelusione è un reato che può costare il carcere, come ben sa lex patron della Yukos, Mikhail Khodorkovsky.
La Shell, peraltro, è in buona compagnia, da quando il Cremlino ha deciso che lo sfruttamento delle risorse energetiche fosse di rilevanza strategica per gli interessi del Paese e che dunque dovesse essere sottratto a qualunque influenza straniera. Fino a un paio di anni fa, le joint ventures erano bene accette, in quanto consentivano di scaricare sulle majors dellenergia il peso degli investimenti strutturali. Ora non più. Tutto deve rimanere in mano russa, possibilmente della Gazprom, il colosso statale, che già monopolizza il mercato del gas e che continua a crescere anche in quello del greggio. Le americane ConocoPhilips e Chevron hanno già rinunciato agli investimenti in Russia, la francese Total e la statunitense ExxonMobile sono sul punto di fare altrettanto.
LUnione europea non gradisce e ieri, allunanimità, lo ha detto chiaramente a Putin, insistendo sulla Carta energetica, ovvero lintesa che rende più trasparenti e competitivi i mercati, ma che il Cremlino si ostina a non voler firmare. I Venticinque hanno sollevato anche la questione della Georgia, contro cui il Cremlino ha decretato lembargo, e quella dei diritti umani dopo luccisione della giornalista Anna Politkovskaya; ma ancora una volta con scarso successo.
La voce più forte ieri è stata quella di Reporter senza frontiere che ha chiesto a Chirac di revocare la Legione donore attribuita, solo un mese fa, al presidente russo. Questa volta il niet è dellEliseo: «È una tradizione repubblicana, lonorificenza viene conferita ai capi di Stato in visita, e non per meriti morali». Dunque, non verrà ritirata.
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