SirteBomba dopo bomba si dorme poco a Sirte, linea del Piave del regime davanti alla travolgente avanzata dei ribelli. Non solo: il destino della città natale del colonnello Gheddafi è lultimo capitolo della «guerra» di Al Jazeera, che ieri mattina dava per certa la sua caduta. Peccato che un gruppo di giornalisti occidentali sia arrivato a Sirte sotto i bombardamenti alleati svelando la bufala ad effetto.
Nella roccaforte del colonnello i caccia ronzano nel cielo con il calare del buio e martellano le postazioni dei governativi attorno alla città, che dista 440 chilometri da Tripoli. I pesanti boati delle bombe ti tengono sveglio. Le esplosioni fanno tremare la terra sotto i piedi. Il terno al lotto è capire quanto vicino arriverà il prossimo raid. Domenica le varie ondate hanno colpito a più riprese, la prima volta alle 9.30 di sera e lultima alle sei di mattina. Nelle strade buie e deserte girano solo i miliziani di Gheddafi. Molti sono civili armati che difendono prima di tutto le loro famiglie. «Questo non è nulla in confronto alla sera prima, quando ci hanno lanciato addosso una pioggia di missili Tomahawk», spiega in perfetto inglese, Mohammad Khamis. È un medico con occhialini da intellettuale e kalashnikov a tracolla. Fra una bomba e laltra passiamo la notte in un villaggio per Vip ad un passo dal mare, ancora in allestimento.
Al mattino presto ci buttano giù dal letto non i caccia alleati, ma le bufale strombazzate dalla televisione araba Al Jazeera seguita da molti media internazionali, compresa la blasonata Bbc. «I ribelli hanno occupato Sirte senza colpo ferire e sono nel centro» rimbalzano le agenzie. Ci troviamo nella zona est della città, da dove avrebbe dovuto piombare la colonna ribelle. Per ore abbiamo sentito solo i caccia e le esplosioni degli attacchi dal cielo, non un solo colpo di kalashnikov. Fuori dal bungalow i poliziotti libici in divisa blu confabulano, un po agitati, ma sono ancora di guardia con tanto di drappo verde di Gheddafi.
La situazione è tesa, i ribelli si avvicinano ma sarebbero a oltre 100 chilometri. La piazza dei Martiri, centro della città, dove si svolgono le manifestazioni di regime, è desolatamente vuota. Non cè un solo ribelle, come continua a proclamare nella mattinata Al Jazeera. Il tipico edificio a cono dei Comitati rivoluzionari, presente in ogni città libica, è ancora intatto, come i poster di Gheddafi. La città è semi deserta, ma un miliziano si ferma e spara in aria per dimostrare che controllano ancora loro la città. Fermiamo macchine mimetizzate con la sabbia, che si dirigono al fronte zeppe di giovani e uomini di mezza età in mimetica da deserto. «I ribelli? Sono sulla strada costiera molto più a est. Andiamo al fronte per fermarli» giura Abu Zaid Suleiman. Faccia da sbarbatello di 19 anni indossa il giubbotto antiproiettile e si è portato dietro una maschera antigas.
La gente ha paura e gran parte dei negozi sono chiusi. Tante famiglie cercano disperatamente un pieno di benzina per fuggire. Al Jazeera cambia parzialmente idea sulla caduta di Sirte solo nel pomeriggio, ma la frittata è fatta. Non a caso il Qatar, dove è nata la tv satellitare, ha riconosciuto il «governo» dei ribelli. Si tratta dellunico Paese dopo la Francia. «Ho sentito per tv che gli insorti avevano preso Sirte, ma non ne ho visto neppure uno» spiega Helmi Mohammed, un emigrato egiziano, che lavora in uno dei pochi negozi aperti. A scuola i banchi sono pieni per metà. Le stesse ragazzine velate ammettono che «girava la voce dellarrivo dei ribelli» rilanciata dalla tv.
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