Nella sua introduzione a Come si vince o si perde una guerra mondiale. 1914-1918. Le battaglie che hanno deciso il nostro destino (Rizzoli) Silvio Bertoldi scrive: «La Marna, Tannenberg, Verdun e Caporetto non furono soltanto quattro grandi battaglie militari, ma quattro grandi eventi che decisero il futuro di tre nazioni, la Francia, la Germania e lItalia». Il nuovo libro di Bertoldi è dunque dedicato alla prima guerra mondiale e ad alcuni suoi momenti cruciali. Non so se davvero le quattro battaglie rievocate siano state risolutive per lesito ultimo dellimmane conflitto. Si potrebbe obiettare che svolte politiche - a cominciare dallintervento americano - ebbero maggiore impatto.
Ma nelle sue pagine, come sempre brillanti e scorrevoli, Bertoldi si propone soprattutto di rendere evidenti le casualità, le stranezze, le assurdità dogni battaglia memorabile. Benedetto XV definì «inutile strage» la Grande Guerra. Riferendosi specificamente a Verdun, lo storico Alistair Horne sentenziò: «Nessuna delle due parti vinse a Verdun. Fu una battaglia non decisiva in una guerra non decisiva: una battaglia inutile in una guerra inutile...».
Nella prima guerra mondiale la divisione tra buoni e cattivi fu assai meno netta che nella seconda. La narrazione di Bertoldi prescinde infatti - ed è un sollievo - da contenuti ideologici. Si ha sovente la sensazione che nelle battaglie la presenza dei condottieri sia rilevante nellordinare lattacco o nel rimediare a un cedimento: ma che la successione degli episodi sfugga spesso di mano a chi dovrebbe determinarli. I fatti si susseguano disordinatamente, obbedendo a disegni misteriosi. Spesso i capi sanno poco, durante la battaglia, e magari non capiscono nulla. Nellarte della guerra è determinante la sorte. Lo rilevo senza per questo negare che le qualità e i difetti dei comandanti siano importanti. I tedeschi hanno perduto due guerre mondiali. I loro generali hanno commesso errori a volte madornali. Ma credo si possa affermare con serenità, anche con lavallo di questo saggio di Bertoldi, che sul piano tecnico i loro stati maggiori, i loro ufficiali, i loro soldati non hanno avuto eguali: e che gli unici esempi di guerra di movimento, negli anni in cui Luigi Cadorna predicava lidea dellattacco frontale e praticava gli sterili massacri di undici battaglie dellIsonzo, vennero da Hindenburg, da Ludendorff, da Otto von Below e anche da un giovane tenente di nome Erwin Rommel.
Uomini anziani, alcuni avviati alla pensione, o già in pensione - Pétain, Hindenburg, Cadorna - ebbero ruoli di primordine, negativi o positivi, nel condurre le quattro battaglie epocali. Lo ebbe, un ruolo di primordine, anche un generale morto, il feldmaresciallo conte Alfred von Schlieffen che aveva predisposto il piano offensivo tedesco - con linvasione del Belgio - contro la Francia. Il piano non venne rispettato scrupolosamente, e proprio per questo, spiega Bertoldi, in definitiva fallì. Un altro elemento emerge con chiarezza: non di rado - accadde anche nella seconda guerra mondiale - gli Stati maggiori avevano avuto informazioni precise sulle mosse del nemico: ma non ci avevano creduto.
Bertoldi si occupa anche di Caporetto, ricostruendone accuratamente le vicende infauste.
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