La guerra non salva Sarkò: che batosta alle cantonali

I socialisti quasi doppiano i gollisti che vengono avvicinati dalla destra estrema. Più di un francese su due non vota

La guerra non salva Sarkò: che batosta alle cantonali

In televisione, fino a qualche tempo fa, si vedeva la réclame di una famosa pila la cui energia pareva inesauribile. Sicchè il tamburino che ne era animato, e aveva le fattezze di un orsacchiotto, continuava imperterrito a marciare, e a pestare allegro sul suo tamburo anche quando tutti gli altri giocattoli, intorno a lui, restavano immobili; chi col fuciletto a spall'arm, chi a braccia aperte, coi piatti che non sbattevano più uno contro l'altro, chi bloccato nell'atto di fare un passo. Per attivismo, e carica inesauribile, oltre che per brevità di fattezze, che richiamano appunto quelle di un tamburino, il presidente Nicolas Sarkozy ricorda appunto quella réclame. Ma solo nelle sue battute finali, ultimamente; quando anche l'orsacchiotto comincia a perdere colpi, e le bacchette non calano più sul tamburo con l'allegra e scoppiettante cadenza di un tempo.

A quella pubblicità faceva pensare ieri sera il volto abbioccato di Nicolas Sarkozy di fronte alla batosta elettorale rimediata nel secondo turno delle cantonali. Il risultato, secondo le proiezioni fornite dal ministero dell'Interno, confermano le previsioni della vigilia. Vincono i socialisti, con un rotondo 35 per cento. Canta vittoria l'estrema destra rinnovata da Marine Le Pen, il cui Fronte Nazionale si attesta al 10 per cento, mentre l'Ump, la destra di governo di Sarkozy, è inchiodata al 19 per cento.

Il fatto è che anche travestito da generalissimo dell'Aeronautica, e da vendicatore degli oppressi (gli oppressi libici. Quelli siriani e tutti gli altri, in difetto di petrolio, portino pazienza...) l'«orsacchiotto» perde vistosamente colpi di fronte a un elettorato sempre più disincantato e deluso. Il fatto è che la disinvolta strategia con cui la destra moderata mise in difficoltà l'estrema destra nel 2007 non funziona più. La ritrovata verve sulla scena internazionale, a spese del colonnello Gheddafi e dei suoi, poteva funzionare, sulla carta, per mettere una pezza sugli insuccessi domestici, e far dimenticare certe malinconie. Ma le inopinate ammaccature alla grandeur nazionale, per colpa di un'«Italietta» che ha tolto il boccino dell'iniziativa militare antilibica dalle mani della France per rimetterlo in quelle della Nato hanno finito per accentuare il disagio di un elettorato riconcentrandolo sulla crisi economica ancora pungente e dolorosa.

A 13 mesi dalle presidenziali, queste elezioni erano un test importantissimo - e l'ultimo in programma - per verificare le ambizioni della destra di governo, guidata da un Sarkozy ai minimi storici di popolarità. Per la corsa all'Eliseo manca poco più di un anno. Ma se la tendenza è questa, la debacle è cosa sicura. I sondaggi ieri sera ne raccontavano un’altra, più triste ancora: nel caso il candidato socialista fosse Dominique Strauss-Kahn, Martine Aubry o Francois Hollande al ballottaggio ci andrebbe Marine Le Pen. Sarkò passerebbe il turno solo se si ritrovasse di fronte la magnifica perdente Segolene Royal. E se l’Ump lo sostituisse? «Pura follia» giura Francois Baroin, portavoce del governo.

Anche l'impressionante dato dell'astensionismo (oltre il 55 per cento) segno di uno scollamento sempre più marcato tra cittadini e politica, rivela un'inversione di tendenza rispetto alla dinamica positiva creata da Sarkozy con la sua conquista dell'Eliseo.

Colpa in buona parte della pesante crisi economica, e dei suoi perversi riflessi occupazionali, se quel fortunato periodo di rappacificazione nazionale sembra ormai così lontano. La politica degli annunci non funziona più, hanno mandato a dire ieri i francesi al loro presidente. É venuto il momento delle riforme sostanziali. O queste, o si volta pagina.

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