Una guerra di perizie che dura da 26 mesi

Dal 13 agosto del 2007, giorno dell’omicidio di Chiara Poggi nella sua villetta di Garlasco, sono passati 26 mesi tra indagini, bugie e colpi si scena. Un delitto che ancora non ha un colpevole. Il 13 agosto, poco prima delle 14, Alberto Stasi trova il cadavere della fidanzata, Chiara Poggi, impiegata di 26 anni, nella sua villa in via Pascoli a Garlasco. Il corpo della ragazza è riverso sulle scale della cantina e ha il cranio fracassato. Stasi, 24 anni, laureando alla Bocconi di Milano, è ascoltato dal pm di Vigevano, Rosa Muscio, e dai carabinieri per 12 ore. Il 20 agosto, a causa di incongruenze nel suo racconto, Stasi riceve un avviso di garanzia per omicidio volontario. I carabinieri perquisiscono la sua casa e sequestrano tre auto, tra cui la sua Golf, due biciclette e attrezzi. Tra le stranezze, le scarpe che il ragazzo indossava il giorno del ritrovamento di Chiara consegnate subito senza neanche una macchia di sangue. Il 24 settembre fermo per Alberto deciso dal pm dopo il ritrovamento, sui pedali di una delle biciclette sequestrate, tracce di Dna compatibile con quello di Chiara. Secondo i Ris si tratta di sangue della ragazza, sudore e saliva per la difesa. Dopo quattro giorni in carcere a Vigevano, il gip non convalida il fermo e rimette in libertà Stasi. Non ci sono prove sufficienti per giustificare un arresto. Il 5 novembre depositato l'esito dell'autopsia. Secondo la quale Chiara è stata uccisa tra le 11 e le 11.

30 del 13 agosto 2007 con un oggetto appuntito. Tra i 10-15 i colpi inferti, di cui l'ultimo, alla nuca, è stato fatale. Da allora una contraddittoria ridda di perizie. E un processo che, ancora oggi, sembra essere lontano dalla verità.

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