
I dubbi sono come le ciliegie: uno tira l'altro. Il summit di lunedì a Washington sulle prospettive di pace per l'Ucraina ne è la prova. Finché Donald Trump, i partner europei e Volodymyr Zelensky han discusso tra loro tutto è filato liscio. Ma le incognite sono riemerse non appena si è tornati a fare i conti con le posizioni russe. Confermando non solo quanto sia difficile definire uno scambio di territori o le garanzie di sicurezza per Kiev, ma anche fissare un bilaterale tra Putin e Zelensky. O dar pieno credito alle assicurazioni del presidente Usa.
Scambio di territori e cessate il fuoco
Il tema lanciato da Trump dopo il vertice di Anchorage rappresenta il vero buco nero. Lunedì Trump, Zelensky e i partner europei hanno preferito accantonarlo per evitare fratture insanabili. Trump dopo il vertice di Anchorage condivide la richiesta del Cremlino di rinviare il cessate il fuoco e riconoscere alla Russia la sovranità sulla Crimea, il controllo del Donbass e il congelamento del fronte negli oblast di Kherson e Zaporizhizhia. Il nodo del problema è rappresentato dalle propaggini nord orientali del Donetsk ovvero quel 24 per cento dell'oblast circondato dalla cintura difensiva disegnata intorno a Kramatorsk, Sloviansk e agli ultimi territori in mano a Kiev. Per gli europei cedere dei territori mai conquistati significa piegarsi a Mosca. Per Zelensky significa violare una Costituzione che vieta la cessione di territori, rischiare il biasimo della nazione e rinunciare a una fascia fortificata indispensabile per respingere nuovi attacchi russi.
Garanzie di sicurezza
Il dibattito intercorso a Washington sulle garanzie di sicurezza non tiene conto di tre condizioni considerate basilari dal Cremlino. La prima è l'impegno scritto dei paesi Nato a metter fine all'allargamento a est. In quest'ottica anche la proposta italiana di un accordo esterno all'Alleanza Atlantica ma modellato sull'articolo 5 della Nato verrebbe considerato un sotterfugio occidentale. Il parziale disarmo di Kiev chiesto dalla Russia rappresenta il principale ostacolo a un accordo che conceda a Kiev l'acquisto del pacchetto di armamenti americani per circa 90 miliardi di dollari proposto da Zelensky. Il «niet» russo alla presenza di soldati europei sul suolo ucraino rende improponibile, invece, l'invio di truppe proposto da Emmauel Macron e da Keir Starmer.
I summit con Putin
La disponibilità di Putin a un bilaterale con Zelensky e un trilaterale con il presidente Usa, data per certa da Donald Trump dopo i 40 minuti di telefonata con l'omologo russo, viene ridimensionata sia dal consigliere del Cremlino Yuri Ushakov sia dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Per Ushakov il bilaterale con l'Ucraina prevede solo la presenza di negoziatori a livello più alto. Per Lavrov Mosca non ha preso impegni sull'argomento anche se l'idea del summit e del trilaterale resta possibile. Ma va ricordato che Putin si è sempre rifiutato di riconoscere Zelensky come suo pari, anche perché è un presidente «scaduto» e quindi inadeguato come partner negoziale.
L'affidabilità di Trump
E rendere più pesante ogni interrogativo s'aggiunge l'affidabilità del presidente Usa. Trump ad Anchorage prometteva «severe conseguenze» in caso di rifiuto del cessate il fuoco da parte di Putin.
Oggi, invece, appoggia l'idea dell'interlocutore di rinviare il cessate il fuoco per procedere con lo scambio di territori. Un voltafaccia che spinge Zelensky e molti partner europei a dubitare delle sue capacità negoziali.