
Quasi tutti gli attivisti della Global Sumud Flotilla sono tornati a casa: i meno fortunati hanno trascorso nelle carceri israeliane 72 ore prima di essere espulsi. Ora che si trovano lontani da Israele denunciano presunti maltrattamenti, rapimenti e vessazioni da parte delle autorità israeliane. Non ci sono motivi per non credere a questi racconti, anche se al momento non ci sono prove e da parte di Israele c'è un'ovvia smentita delle accuse. Una delle versioni proposte con maggiore frequenza dagli attivisti, che potrebbe essere anche parte di esposti alle procure, è il "rapimento in acque internazionali" da parte di Israele, che ha abbordato le 40 imbarcazioni per condurle ad Ashod e lì fermare gli attivisti che volevano forzare il blocco navale.
La versione della Marina Israeliana è che l'operazione, durata circa 12 ore durante la giornata di Yom Kippur, denominata "Scudo dell'Orizzonte" ha sventato con successo un tentativo coordinato di centinaia di passeggeri a bordo di 42 imbarcazioni di violare il blocco navale legale sulla Striscia di Gaza. Le immagini diffuse dopo l'operazione sembrano supportare la narrativa di un intervento professionale e contenuto, contraddicendo le affermazioni di violenza o maltrattamenti. Nelle immagini, si possono vedere i militari avvicinarsi con cautela alle imbarcazioni, con i passeggeri a bordo che vengono aiutati dai militari a effettuare il trasbordo in sicurezza.
Il Capo di Stato Maggiore, Maggior Generale Eyal Zamir, che ha monitorato l'operazione, ha espresso "grande apprezzamento per il Comandante della Marina e i suoi subordinati per l'esecuzione senza precedenti e impeccabile", un giudizio che stride con le accuse di maltrattamenti. Si vedono i militari distribuire acqua e viveri, ma anche capi di abbigliamento adeguati, agli attivisti abbordati, disporli in sicurezza sulle imbarcazioni militari per il trasferimento in Israele e aiutarli a spostarsi a bordo a fronte delle difficoltà date dal moto ondoso che in alcuni momenti è sembrato intenso. Israele rivendica il blocco navale su Gaza come misura di sicurezza legittima e necessaria per impedire l'ingresso di armi e materiali che potrebbero essere utilizzati da organizzazioni terroristiche come Hamas. La tentata violazione da parte della flottiglia è considerata un atto provocatorio, volto a minare la sicurezza dello Stato d'Israele, e come tale è stata trattata.
Mentre le indagini sui dettagli del tentativo di sfondamento continuano, con accuse alla Flotilla di essere appoggiata anche da Hamas, le prove visive disponibili sembrano smentire categoricamente le affermazioni più estreme di rapimento e maltrattamento.
Suggeriscono, invece, un'operazione eseguita in conformità con i protocolli operativi mirati alla sicurezza dei soggetti fermati. Il Comandante della Marina, Maggior Generale David Saar Salama, aveva precedentemente sottolineato la necessità di agire con "determinazione e professionalità, mantenendo i nostri valori".