Israele e la nuova Intifada dalla Cisgiordania. Persa Gaza, Gerusalemme torna nel mirino

La strategia di Hamas, schiacciata nell’enclave: portare il terrore nel cuore della capitale usando gli ingressi illegali

Israele e la nuova Intifada dalla Cisgiordania. Persa Gaza, Gerusalemme torna nel mirino
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Ci sono stati tre anni, dal 2000 al 2003, quando ogni giorno saltava per aria un autobus o si compieva un strage in una pizzeria o in un ristorante. Era la Seconda Intifada. Si superarono i mille morti, finché un giorno Israele, dopo la strage del Park Hotel a Natanya, 30 morti seduti a tavola, mosse le truppe nelle cittadine madri del terrore, e lo sconfisse. Più avanti Ariel Sharon, che aveva deciso l'operazione, decise lo sgombero di Gaza. Poi, ancora, la storia punteggiata di tentativi di pace ha portato al 7 ottobre e a rendersi conto di quanto Israele sia un Paese assediato che può cercare di fermare la guerra solo capendo che l'attacco jihadista è concatenato e mortale: ieri i passeggeri innocenti di un autobus che dal Nord di Gerusalemme li avrebbe dovuti portare a lavorare in centro, uccisi anche quattro soldati a Gaza e un poliziotto, il giorno prima i viaggiatori nell'aeroporto di Eilat, prima ancora tutti gli abitanti del bordo Sud confine della Striscia, e più a Nord, lungo il bordo del Libano.

Il fuoco si ferma, e si è fermato, solo laddove Israele riesce a bloccarlo con le armi: altrimenti Israele è così piccola che i botti dei missili e dei droni si sentono ovunque e seguitano a mandare tutti i cittadini nei rifugi e a rendere gli autobus strumenti di morte. Dal 7 ottobre lo si sa un po' meglio, e stavolta il volto davvero molto corrucciato di Netanyahu alla fermata della strage dice più delle parole. Israele sa questa volta che la Giudea e la Samaria, la Cisgiordania, possono essere il prossimo scenario di un attacco furioso di Hamas. La jihad non può perdere, c'è scritto nel Corano, la vittoria verrà con la lotta contro gli infedeli, dal fiume al mare, e se questo ancora non è chiaro all'Occidente, è solo un vantaggio sia per la parte sciita sia per quella sunnita.

Nell'ultimo anno in Israele sono stati sventati mille attentati. Questo invece è sgattaiolato dentro la rete di separazione da Katana, vicino a Ramallah, dove uno dei tanti passaggi notturni dei lavoratori fuorilegge, è stato usato dai due terroristi. Hamas si è congratulata, ma non ha rivendicato, perché in Cisgiordania si è in una fase in cui palesarsi potrebbe avere inconvenienti. Ma il grande piano balena all'orizzonte, e ha al centro Gerusalemme, quale boccone potrebbe essere più gustoso per la jihad e anche più a portata di mano. L'eccidio di ieri sembra differire nella ferocia dai tanti lungo le autostrade, in cui si spara sulle macchine: qui i due terroristi armati di una pistola e di un fucile Carlo sono saliti sul bus affollato e hanno sparato in faccia alla gente, in stile 7 ottobre. In generale nel 2025 ci sono stati 54 attacchi, meno del solito perché dalla carneficina di Hamas anche la sorveglianza lungo il recinto di separazione è maggiore. Ma i tanti pertugi da cui ogni notte si entra illegalmente sono svariati e il numero degli shabachim, presenze fuori legge, è circa di 40mila, una forza, che fra gli arabi israeliani può trovare alleati, armi, rifugi, se la loro intenzione è portare l'inferno dentro Israele, preparare un attacco dentro Gerusalemme. L'Anp, per quanto cerchi di salvare le apparenze, non ha più ruolo di moderazione, la sua opinione pubblica è molto minoritaria rispetto ad Hamas e legata all'impostazione jihadista per cui Abu Mazen paga mensilmente ogni terrorista in carcere o la sua famiglia se è uno shahid.

Israele oggi capisce meglio i pericoli e sa che si tratta della sua vita stessa.

Macron che col prossimo voto dell'Onu vuole creare uno stato palestinese, dal quale non si hanno segni di distacco dallo jihadismo ha una funzione sola: spingere Israele a istituzionalizzare il più possibile la propria autodifesa.

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