Quando un Paese vince, ma il suo portafoglio perde, la vittoria comincia a pesare più della sconfitta. La Russia di oggi vive esattamente questa contraddizione: un esercito che avanza in Ucraina e un'economia che arretra sul fronte interno. Mentre il Cremlino ostenta sicurezza militare, il prezzo economico della guerra si fa ogni mese più ingombrante, più difficile da occultare perfino nella retorica celebrativa del potere. Secondo il Centro per l'Analisi Macroeconomica e le Previsioni a Breve Termine (CMASF), organismo vicino al governo, e dunque non sospettabile di eccessi critici, l'industria russa si trova in una «zona di confine», sospesa tra stagnazione e declino. Se alcune linee di produzione corrono ai ritmi dell'economia di guerra, il resto del sistema produttivo arranca. La crescita si addensa quasi esclusivamente nei settori legati al complesso militare-industriale e agli appalti pubblici, mentre la produzione civile registra un calo costante dall'inizio dell'anno.
Eppure Putin venerdì scorso ha firmato il bilancio federale per il 2026 e il triennio di pianificazione 2027-2028 come se nulla fosse. Un documento che racconta, più di qualsiasi discorso, la gerarchia delle priorità del Cremlino: vincere la guerra, costi quel che costi. Il piano di spesa parla chiaro. Stando alle informazioni riportate da Moscow Times, il governo russo destinerà nel 2026 ben 12,93 trilioni di rubli, circa 166,8 miliardi di dollari, all'esercito e all'acquisto di armamenti. Quasi un terzo dell'intero bilancio nazionale. È la quota più alta dai tempi dell'Unione Sovietica. Se si aggiungono i fondi per la «sicurezza nazionale», ovvero 3,91 trilioni di rubli per Ministero degli Interni, Guardia Nazionale, servizi speciali e sistema penitenziario, tutti coinvolti a vario titolo nello sforzo di guerra, il totale raggiunge i 16,84 trilioni di rubli, pari al 38% del bilancio federale. Nel 2021 la stessa voce pesava il 24%. In tre anni, Mosca ha riallineato la propria struttura di spesa come se si preparasse a un conflitto permanente, con un taglio vistoso della spesa sociale, a fronte della produzione di 200 droni al giorno e di 2.500 missili al mese.
La Russia sta vincendo militarmente in Ucraina, ma somiglia sempre più a un trionfo pagato in contanti, con un esborso crescente e insostenibile. L'ombra più lunga sul Cremlino non arriva da Kiev, ma dai conti pubblici di Mosca. E quella, a differenza della guerra, non si vince con i tank.
Sul terreno, nel 1.367° giorno di combattimenti, un attacco missilistico russo condotto con droni Shahed equipaggiati con munizioni a grappolo ha colpito Vyshgorod, nell'area metropolitana di Kiev, provocando 1 morto e 11 feriti. Per ore 550mila abitanti sono rimasti senza corrente.
Sul fronte opposto, le autorità russe hanno riferito che due civili sono stati uccisi da un attacco di droni ucraini nella regione di Belgorod. Nell'area del Donetsk, le forze di Mosca annunciano di aver preso il controllo delle località di Grishino e Krasny Liman. Violenti bombardamenti hanno colpito con forza gli oblast di Kherson e Sumy.