Repressione, propaganda e controllo: chi è Sergej Kiriyenko, l'architetto del potere di Putin

Da riformatore filo-occidentale a regista politico della guerra, ha gestito la propaganda filo-Mosca e i referendum nelle regioni occupate

Repressione, propaganda e controllo: chi è Sergej Kiriyenko, l'architetto del potere di Putin

Un tempo considerato un riformatore vicino all’Occidente, Sergej Kiriyenko si è progressivamente trasformato – secondo un’inchiesta del New York Times – nel tecnocrate che traduce in azione la visione di Vladimir Putin. Figura centrale nella macchina del potere del Cremlino, Kiriyenko ha consolidato l’autorità del presidente russo soprattutto dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Nonostante il titolo formale di primo vicecapo di gabinetto, negli ultimi tre anni ha orchestrato ogni aspetto politico del conflitto: dalla repressione del dissenso interno al rafforzamento del controllo statale su internet, dall’introduzione della narrativa putiniana nei programmi scolastici alla gestione della propaganda nei territori ucraini occupati. In questo contesto, Kiriyenko è diventato l’uomo di riferimento di Mosca nelle aree sotto occupazione, coordinando le consultazioni – ritenute illegittime da Kiev e dall’Occidente – con cui il Cremlino ha dichiarato che la popolazione locale avrebbe scelto di entrare a far parte della Federazione Russa.

Il suo raggio d’azione si è recentemente allargato: reinserimento dei reduci del fronte nella vita civile, campagne per spingere i cittadini a usare servizi di messaggistica governativi al posto di quelli stranieri, fino a prepararsi — in caso di accordo tra Putin e Donald Trump al vertice in Alaska — a “vendere” qualsiasi compromesso come un trionfo nazionale.

Kiriyenko ha affinato la sua immagine di funzionario pragmatico e disciplinato in anni di carriera a zig-zag: primo ministro per pochi mesi nel 1998, quando si guadagnò il soprannome di Kinder Sorpresa per la sua età e l’ascesa fulminea; poi promotore di riforme economiche liberali; infine manager di Rosatom, il colosso dell’energia nucleare, che modernizzò adottando metodi di gestione giapponesi e usando come leva per estendere l’influenza russa all’estero. Proprio in questo periodo consolidò i legami con Yuri V. Kovalchuk, potente banchiere e confidente di Putin, che avrebbe spianato la strada al suo ritorno a Mosca.

Rientrato nel cuore del potere, si è occupato della “coreografia” della politica interna: selezionare governatori fedeli nelle oltre 80 regioni, controllare le elezioni parlamentari e orchestrare le rielezioni presidenziali del 2018 e del 2024. Il suo approccio emerge chiaramente anche da episodi minori ma rivelatori. Un imprenditore moscovita ricorda una visita nel suo ufficio: prima Kiriyenko gli mostrò, con un certo orgoglio, la sua palestra privata; poi passò a illustrare il progetto dei “referendum” nei territori ucraini sotto occupazione, dettagliando persino le percentuali dei risultati che sarebbero stati annunciati dal Cremlino. L’impressione, racconta, fu quella di un funzionario metodico e ambizioso, impegnato a “risolvere un problema tecnico concreto”.

Chi lo conosce lo descrive come maestro nell’adattarsi al contesto e nel mantenere saldo il legame con chi detiene il potere. L’ex alleato Boris B. Nadezhdin, oggi critico di Putin, lo definisce “un uomo che non persegue idee proprie, ma porta a termine con chiarezza i compiti assegnati”. E lo stesso Kiriyenko, anni fa, lo confermò in una frase rivolta a un vecchio conoscente: “Non ho più convinzioni: sono un soldato di Putin”.

Quando, nel 2022, Putin preparava l’invasione su larga scala dell’Ucraina, gran parte del suo entourage politico era all’oscuro dei piani, secondo fonti vicine a Kiriyenko. Tre persone informate sulle dinamiche interne al Cremlino sostengono che il primo vice capo di gabinetto non condividesse l’ossessione del presidente per la svolta filo-occidentale di Kiev, elemento che avrebbe spinto il leader russo a optare per l’attacco.

Con l’inizio del conflitto, però, Kiriyenko mutò rapidamente atteggiamento. Mise da parte gli abiti formali per camicie verde oliva e iniziò a visitare i territori ucraini occupati, anche in zone di combattimento, facendo tappa in ospedali e scuole. Nel giugno 2022, un suo collaboratore dichiarò al New York Times che stava lavorando a un processo pubblico per “crimini di guerra” contro gli ucraini, con l’obiettivo di dimostrare che Putin manteneva la promessa di “denazificare” il Paese. Il progetto non si concretizzò, ma l’anno seguente Kiriyenko ribadì in conferenza che la guerra “dovrà concludersi con i processi ai criminali ucraini”. In compenso, riuscì a realizzare un’altra messinscena: i referendum pilotati in cui Mosca rivendicava un consenso massiccio per l’annessione alla Russia delle aree sotto occupazione.

A febbraio, i media statali russi hanno riferito che Kiriyenko era stato incaricato di gestire le tensioni in Abkhazia, la regione separatista georgiana sostenuta da Mosca. Negli ultimi mesi, il raggio d’azione di Kiriyenko si è progressivamente esteso oltre i confini nazionali. Secondo diverse fonti, Putin gli ha affidato gran parte delle responsabilità in precedenza detenute da Dmitry Kozak — suo collaboratore di lunga data sin dagli anni ’90 — tra cui la supervisione dei rapporti con la Moldavia e con le due regioni separatiste della Georgia.

Questa espansione di competenze conferma il ruolo sempre più centrale di Kiriyenko nell’apparato di potere del Cremlino, rafforzato dalla sua capacità di recepire e applicare senza esitazioni le direttive legate alla strategia dello zar.

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