Guidonia Prove di linciaggio contro il branco degli stupratori

L’sms parte da alcuni ragazzi di Guidonia appena saputa la notizia dell’arresto dei quattro romeni accusati dello stupro della loro compaesana: «Hanno catturato la mandria», scrivono sui loro telefonini. E in poco tempo sotto la stazione dei carabinieri si raduna un folla di cittadini inferociti che tenta di linciare uno dei fermati. «Maiali, bastardi», «consegnateli al padre della ragazza», gridano decine di ragazzi mentre i militari cercano con difficoltà di scortare il romeno dentro la gazzella. Poi sfogano la loro rabbia prendendo a calci e pugni l’auto dei carabinieri, qualcuno colpendo con gli ombrelli la carrozzeria. Scena che si ripete all’uscita degli altri arrestati.
L’esasperazione degli abitanti di Guidonia si sfoga anche così. Certo, sono soddisfatti per l’arresto del branco, ma anche preoccupati per il paventato arrivo in zona di un campo nomadi («Se spostano qui il Casilino 900 animeremo una guerra, li mandassero ai Parioli») e rassegnati per «l’inutilità dei militari» («Non serviranno ad impedire episodi di violenza come gli stupri, l’unico modo per prevenirli è evitare la presenza di delinquenti»). Dicono di essersi radunati davanti alla caserma «per solidarietà alla famiglia della ragazza stuprata e alle forze dell’ordine», non ce l’hanno con tutti gli stranieri («tra loro ci sono tante persone per bene»), ma con quelli irregolari che non rispettano le leggi. «Il Casilino 900 è solo una massa di delinquenti», taglia corto il proprietario di un autosalone. Il sindaco dimissionario di Guidonia, Filippo Lippielo, non approva l’iniziativa dei concittadini: «In una situazione di grande esasperazione - dice - le reazioni sono state quelle più primitive, specialmente da parte di amici e parenti della vittima, che probabilmente erano lì. Non sono mai belle da vedere queste cose, non è il caso che un paese civile possa scendere al livello degli aggressori. Di fronte alla risposta degli arresti dei malviventi bisogna tranquillizzarsi e avere fiducia nelle istituzioni». Anche il comandante provinciale dei carabinieri, Vittorio Tomasone, invita la comunità di Guidonia a «ritrovare il senso della misura». «Si risponde ai reati con la forza del diritto e dello Stato», sostiene. Lo stesso fa il sindaco Gianni Alemanno: «Non bisogna cedere al sentimento della vendetta. È un modo per aggiungere illegalità ad altre illegalità e quindi è una strada sbagliata».
Certo non è facile rimanere indifferenti davanti a un fatto di cronaca di tale brutalità, impossibile ignorare considerazioni come quella del capo della Procura di Tivoli, Luigi De Ficchy, che osserva come la criminalità romena sia «tra quelle più presenti e più aggressive sul territorio laziale». «Siamo sorpresi - spiega il magistrato - del fatto che in pochi anni i romeni abbiano espresso una cultura criminale notevole rispetto ad altre etnie». Sorprende anche sentire dire a una cittadina romena che lavora in una salumeria a Guidonia che «in Romania non succedono cose del genere, perché ci sono leggi più severe, mentre il Italia sono fatte male». Poi c’è anche l’altro lato della medaglia, quello degli stranieri onesti che ci vanno di mezzo: «Quando succedono cose del genere - continua la donna - noi immigrati siamo bersagliati. Ora c’è meno gente che viene in negozio, ci guardano con sospetto, ma noi non c’entriamo nulla, così non si fa altro che favorire emarginazione e violenza». «Non siamo tutti criminali», ribadisce il concetto un altro romeno abitante a Guidonia.

«Anche noi abbiamo paura, adesso da presunti aggressori rischiamo di diventare vittime, ora rischiamo pure il linciaggio degli italiani», dice. Anche il partito dei romeni chiede «condanne esemplari» per i colpevoli, ma «senza condannare un intero popolo».

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