Il guru di sinistra Vecchioni? Sparava a zero sulle toghe

Nel ’77, fermato per spaccio, restò un mese in cella perché il gip era in vacanza. Sull’episodio una canzone al vetriolo

Il guru di sinistra Vecchioni? Sparava a zero sulle toghe

Sempre così, è la sindrome del pesce rosso. Memoria corta. Cortissima. Magari anche furbetta perché entra in funzione solo quando fa comodo. Leggete qui, toni minacciosi: «Signor giudice lei venga quando vuole, più ci farà aspettare, più sarà bello uscire». Non basta, ci vuole anche sarcasmo: «Si compri il costumino, si mangi l’arancino col suo pomodorino». E poi ancora, il giudizio morale non guasta mai: «Quel giorno quando verrà giudichi senza pietà, ci vergogniamo tanto d’essere uomini così così» (sottinteso, come lei signor giudice).

No, non è un inedito volantino delle Br. Nemmeno un soliloquio di Casarini dopo il G8 di Genova. È parte del testo del brano Signor giudice (un signore così così) dall’album «Robinson, come salvarsi la vita» del 1979. Autore: Roberto Vecchioni. Già. Lui. Dunque l’incontestato maestro della canzone d’autore, dopo aver vinto nel ’92 il Festivalbar (noto tempio del pop reazionario) e aver appena sbancato la enclave veteroborghese del Festival di Sanremo con la canzone più politica della sua storia (del Festival, non di Vecchioni: in Chiamami ancora amore c’è pure un’apologia delle rivolte studentesche), ha iniziato la seconda gioventù creativa. Naturalmente sempre riverito - e ci mancherebbe: lo merita - dai critici musicali. Ma anche dall’ala talebana dell’intellighenzia veterosinistra, quella dura e pura dei Flores d’Arcais, per intenderci, giù giù fino a Michele Serra o a Maurizio Crozza. Quelli che, se parlano, dicono solo cose giuste e gli altri son tutti poveretti. Quelli che i giudici, guai, sono intoccabili, una risorsa aurea, l’ultimo ridotto della Valtellina contro il babau Berlusconi.

Con la pancia piena, si sa, i giudizi sono sempre più pacati. Ma se capita di finire in galera per un’accusa grave (spaccio di stupefacenti) che crea fortissimi danni economici e di immagine ma poi dopo anni svanirà (assoluzione), allora vien più facile scrivere: «Signor giudice chissà che sole, si copra, per favore che le può fare male, immaginiamo che avrà cose più grandi di noi, forse una moglie troppo giovane».

Per farla breve, Vecchioni era stato arrestato nel 1977 dal giudice istruttore di Marsala con l’accusa di aver dato uno spinello a un quattordicenne durante una Festa dell’Unità. Vecchioni subito in galera. Giudice subito in vacanza a dire, sotto l’irrinunciabile ombrellone al mare, chissenefrega del regolamentare interrogatorio al detenuto: si farà un mese dopo a ferie e crema solare finite.
Il procedimento slitta, il processo dura quasi un lustro, Vecchioni si imbestialisce e scrive la canzone.

Ma la sua è stata la tipica arrabbiatura stile Marchese del Grillo: «Io so’ io, voi non siete un cazzo». Se i giudici sbagliano con me, è sacrosanto reclamare punizioni. Se devastano le vite degli altri, beh, dopotutto ce ne faremo una ragione. Eh no. Qui urge almeno una vignetta indignata di Vincino, come minimo.

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