La differenza fra la propria dottrina e quella di Empedocle è sintetizzata da Freud in due righe di Al di là del principio del piacere: «quella del filosofo greco è una fantasia cosmica, la nostra aspira più modestamente a una validità biologica». In gioco sono i principi di Amore e Odio, di Amicizia e Discordia, di Attrazione e Repulsione. Insomma, la vecchia questione di Eros e Thanatos, il canovaccio che, dalla nascita del mondo, non conosce né crisi né cali del desiderio. È il motore della vita, che tanto più sale di giri quanto più gli estremi paiono allontanarsi per, invece, toccarsi, allacciarsi anzi in un orgasmo assoluto, giungendo all’effimero climax per poi azzerarsi. E ripartire, come una ruota che gira all’infinito. Quando poi fra i due litiganti-amanti si mette di mezzo il senso di colpa, altra figura ben nota al dottor Sigmund, la vertigine diventa un ottovolante impazzito, straccia i freni inibitori, fa cigolare gli ingranaggi dei corpi e delle menti.
E quale senso di colpa frequenta il motel del sesso estremo, irregolare e in perenne flirt con la morte, più del contagio figlio della promiscuità e dell’eccesso? Nell’antologia di racconti Erotic horror (Bompiani, pagg. 276, euro 16, prefazione e cura di Carlo Bordoni, da ieri in libreria) il terribile acronimo compare una volta sola, a pagina 108: «Se non moriva di AIDS, sicuramente sarebbe morta di noia». La signora in questione, consapevolmente ninfomane, ma necrofila a sua insaputa, è al centro di È bello trovare un uomo duro, di R. Patrick Gates. Titolo esplicito per contenuti ancor più inequivocabili: proprio come la fine, annunciata da uno scarafaggio che spunta proprio... da lì, raccapricciante messaggero di disfacimento per l’ennesimo compagno occasionale dell’insaziabile Lisa.
Erotic horror, già uscito una quindicina d’anni fa in piena emergenza mondiale da Hiv, conserva intatti i requisiti dell’inquietante memento mori, e persino li riattizza alla luce delle deviazioni aberranti d’ultima generazione. Le 18 narrazioni proposte sono tratte da tre antologie pubblicate negli Stati Uniti da Simon&Schuster fra l’89 e il ’93, curate da Jeff Gelb, Lonn Friend e Michael Garrett. Tra le firme di spicco ci sono Robert Bloch (1917-1994), l’autore di Psycho, il romanzo datato 1959 da cui Alfred Hitchcock trasse l’omonimo film, capolavoro assoluto in cui la macchina da presa ha il virtuosismo del violino di Paganini nel far vibrare le corde della suspense, e Richard Matheson, classe 1926, altro libero docente in materia di paura fisica e psicologica (basti ricordare Duel e Io sono leggenda). Sono proprio loro a mettere sul tavolo la carta più hard e quella più soft del mazzo. Se in La modella di Bloch l’erotismo viene travolto dal suo «complice» e alter ego, l’orrore, che raggiunge il culmine quando l’eterea ammaliatrice rivela al malcapitato corteggiatore la propria vera natura di belva grottesca, in Julie di Matheson (unico «pezzo» della collezione non inedito in Italia, apparso nella raccolta Shock di Mondadori nell’84) è il non detto, l’evocazione di un peccato di leso amore a suscitare il brivido nel lettore, che paventa una vendetta sotto forma di nuova seduzione.
«Donna, tutto si fa per te,/ tutto, pur di piacere a te», cantava il Quartetto Cetra in un mondo agli antipodi di questo, in cui il fiume di sangue è l’unico, impetuoso affluente del fiume della passione. Eppure è sempre lei, la Donna, l’Eterno Femminino che bacia e azzanna, dispensa incantevoli sorrisi o urla belluine con uguale slancio, a dominare la scena, mentre all’uomo, ottuso e/o ingenuo animale da monta, spesso e volentieri tocca lo stesso destino del partner della mantide religiosa... Sacerdotesse che officiano riti mostruosamente efficaci o prigioniere di un maleficio, spesso le dark ladies abitano una casa infestata dagli spiriti di pratiche inconfessabili e da memorie di un tremendo passato (Ancora di Ramsey Campbell, La casa degli insetti di Lisa Tuttle, Ménage à trois di Paul Wilson). Oppure vagano come fiere affamate di carne, fresca o matura che sia, da una città all’altra (Passi di Harlan Ellison) o tradiscono il marito con un fustacchione palestrato (La vasca da bagno di Richard Laymon).
Tranne quelli di Bloch e di Matheson, scritti rispettivamente nel ’75 e nel ’62, questi incubi risalgono agli anni ’80 e ’90 e frugano morbosamente negli angoli più reconditi delle ossessioni americane. Come L’aggeggio di Robert R. McCammon, dove la... volontà di potenza di un tale che non rientra nella categoria dei normodotati lo rende vittima d’un incantesimo voodoo con tanto di nemesi soffocante (non in senso figurato).
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