Hacker scatenati: «Facciamo un partito»

E se vi dicessero che gli hacker, il popolo di smanettoni, nerd, tecnofili, cyber activist e manipolatori, si vogliono mettere insieme per fondare un partito? Sì, per «scendere in campo», insomma. Come hanno fatto i colleghi svedesi che con il 7,1% dei voti al Piratpartiet sono riusciti a far eleggere un proprio rappresentante all’Europarlamento. Sulla carta in realtà già ne esiste uno, il «Partito-Pirata» con sede a Trento, ma il vero incubatore per la nuova coalizione italiana sarà l’«Hackmeeting», il summit degli hacker in programma al centro sociale di Rho Sos Fornace da oggi a domenica. Un’ex cartiera dismessa, uno spazio grandissimo in una cittadina così piccola, occupato per quattro anni, poi sgomberato e poi rioccupato da un mese quasi. Controcultura digitale e attivisti politici, chi si frequenta il meeting ha come obiettivo trasformare la società in modo più equo, spiegano gli organizzatori. Che tradotto in pratica significa? «Vuol dire che l’hacker è chi si interessa di tecnologia e non solo. Che non si accontenta delle funzioni tecnologiche di uno strumento, ma ne scopre altre. Chi l’ha detto che il cellulare si usi soltanto per telefonare. O che l’unico software per un pc sia Windows? Nella rivoluzione del software libero ad esempio, abbiamo un peso significativo con una componente politica ma anche etica». Nome in codice Briciola, insegnante precario di scuola media e una delle menti del summit. È lui uno dei «capi» qui al centro Sos Fornace, lo si vede da come dà le ultime indicazioni agli altri ragazzi per sapere dove piazzare i pc, i bagni, le tende e la lan-space.
«Arriveranno da tutta Italia e anche dall’Europa, abbiamo organizzato uno spazio all’aperto dove i ragazzi potranno “giocare“ con i loro pc». Qui a Rho ne aspettano 300/400, forse di più. Di geek o presi bene come si dice in gergo. Ma scusa gli hacker non sono quelli che si infilano nei sistemi e li fanno saltare? «Ogni sistema ha delle falle e si può accedere, ma lo si fa per divertimento. Per conoscere e non per distruggere e magari anche per dimostrare che non è sicuro». Insomma, non è che lo strumento è neutro, ma dipende l’uso che ne fai, continua Briciola. E poi è inutile dirlo, si sa che loro fanno capo a gruppi politici della sinistra extraparlamentare. «Tanti ci dicono che il nostro approccio è di sinistra, in realtà vogliamo trasmettere un certo modo di condividere le tecnologie. Con una componente politica ed etica». Briciola ha una laurea in biologia e ai computer è arrivato così, semplicemente perché ci lavorare.

Chissà cosa pensano i suoi studenti di un prof hacker e chissà se hanno mai immaginato insieme di lanciare un «attacco informatico alla Gelmini». «Magari - sospira Briciola -. Il punto non è la tecnologia, ma capire se si vuole fare una battaglia di un certo tipo. Ad esempio, viene qui un gruppo anti-Gelmini e ci spiega come farla. Magari...».

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