Politica

«Hanno ucciso per divertimento»

Igor Traboni

da Cassino

È su un gruppo di cinque o sei ragazzi, tutti di Piedimonte San Germano, il paese ciociaro nel cui territorio è compreso il cavalcavia della morte, che si sono concentrati i sospetti del pool di investigatori incaricati di seguire le indagini sul masso assassino. L'indiscrezione è trapelata nel primo pomeriggio di ieri, al termine dell'ennesimo vertice tenutosi presso la Questura di Frosinone, anche se uno degli investigatori si affretta a dire che «no, al momento non ci sono indagati, ma di certo la rosa dei possibili sospettati si è molto scremata con il passare delle ore e con gli accertamenti che intanto abbiamo eseguito, sia sul cavalcavia che nei pressi dello stesso».
E vediamoli questi elementi, raccolti dalla Polizia, a partire dalle testimonianze rese dalle persone che abitano nei pressi del cavalcavia, anche se non nelle immediate vicinanze, dove invece non ci sono case. Il cavalcavia, infatti, collega una zona di periferia con un'altra strada di campagna, e solo da questa si arriva al viale che poi conduce allo stabilimento della Fiat. Per arrivare al cavalcavia, però, dal lato del paese, si passa necessariamente davanti ad alcune case. E ogni sera, soprattutto nella stagione estiva, c'è un via vai di motorini, guidati da ragazzi che poi vanno ad isolarsi proprio nei pressi dell'autostrada, per bere e fumare lontano da occhi indiscreti. Anche la sera della tragedia, in piena notte, è stata avvertita questa scorribanda di motorini, una tesi avvalorata anche dalle testimonianze di alcune prostitute che frequentano la zona. La polizia, proprio a ridosso del cavalcavia, ha poi trovato bottiglie di birra vuote, cicche di sigarette e altri resti, come se più di qualcuno avesse appena consumato una sorta di «festino». Il sellino posteriore dei motorini di piccola cilindrata, come è stato ricostruito da una simulazione che gli stessi poliziotti hanno effettuato sempre ieri, è poi perfettamente compatibile come «pedana di lancio» per prendere il masso pesante e gettarlo sulla carreggiata. Per tutta la giornata di ieri, quindi, sono stati controllati decine e decine di ragazzi del paese e anche di quelli limitrofi, da Cassino ad Aquino, ma per una serie di circostanze, che gli investigatori per ora non svelano, è su un gruppo assai ristretto di questi ragazzi che si sono accentrati i sospetti. Si tratterebbe di giovani dai 16 ai 20 anni, ritenuti «difficili» ma non completamente disadattati, alcuni con piccoli precedenti penali per reati contro il patrimonio, inseriti comunque in un ambiente di paese che non ha nulla a che vedere con chissà quale arretratezza sociale e culturale, ma dove regna un certo «bullismo».
I ragazzi al centro dell'indagine sono tutti «armati» di telefonino e dai controlli già fatti sulle chiamate, sarebbe venuto fuori un notevole traffico di chiamate proprio nei momenti immediatamente successivi la tragedia. Forse per vantarsi, o magari per sfogare con qualcuno la rabbia per un «gioco» diventato troppo grande.
«Questi non volevano uccidere - confida infatti un investigatore - magari hanno buttato il masso quando non passava nessuno, per poi divertirsi a vedere come le macchine in corsa riuscivano a schivarlo, senza neppure rendersi conto di quello che poteva succedere».

E che poi è accaduto sulla pelle del povero operaio torinese.

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