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Heritage, la tradizione che sa di moderno

Heritage, la tradizione che sa di moderno

Il valore dell'heritage ai tempi della crisi? «Bisogna avere voglia, capacità e coraggio per innestare la tradizione nel contemporaneo» spiegava ieri Marco Boglione, amministratore delegato di Basic.Net, azienda cui fa capo il marchio Jesus Jeans nello stand di Pitti Uomo parlando di abuso di vintage e di rischio di conservatorismo.
Bisogna saper dosare la ricerca d'archivio nei prodotti che sono figli del futuro. I Jesus Jeans, un inno alla libertà fin dalla nascita negli anni Settanta, si propongono forti della stessa filosofia ma con un prezioso corredo di conoscenza. Sulla cintura viene infatti applicata un'etichetta con il QR Code attraverso cui ottenere importanti informazioni su tessuti e trattamenti.
«Non possiamo fare a meno dell'innovazione pur considerando che nella ricetta del successo le radici contano per il 40 per cento mentre branding e stile si dividono a pari merito il restante sessanta» incalzava Alberto Zambelli, amministratore delegato della Bruno's, azienda di maglieria che ha lanciato vent'anni fa il marchio Heritage simbolo di british style e di filati acquistati per la maggior parte in Gran Bretagna. «Oggi compriamo le materie prime in diversi luoghi d'origine e le trasformiamo attraverso un processo verticalizzato a partire dalla filatura» spiegava l'imprenditore mostrando una magnifica collezione di maglie fatte a mano su disegni d'archivio anni Settanta esaltati dall'uso dello shetland, una lana che nei negozi top ha preso il posto del cashmere non solo perché più cool ma perché costa un terzo.
Nel caso di un brand come Le Coq Sportif fondato 130 anni anni fa, la storia è parte significativa del fascino che si respira nella collezione di abbigliamento e calzature che tanto piace ai giovani. «Il consumatore predilige il valore aggiunto di un marchio storico e acquista una felpa piuttosto che tre purché sia quella giusta» spiega Giorgio Trevisan, country manager dell'azienda francese che ha riscoperto, senza rinunciare alla modernità, il logo dell'antico atelier di Romilly sur Seine applicato sulla bellissima Teddy jacket.

E nel profondo della storia di un brand nato negli anni Sessanta e rimasto inattivo per un ventennio ha scavato Michele Guidi per la rinata collezione El Campero, un successo annunciato sia per la preparazione del direttore creativo - ex responsabile ricerca e sviluppo nel gruppo Gucci - sia per il fascino di stivali camperos in pelle di cavallo rovesciata e di stivaletti dipinti a mano e invecchiati in botte con effetto used.

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