Cultura e Spettacoli

Herzog snobba Ferrara: "Non so chi sia". E Cage convince

Cinema a Venezia. Polemica sul remake del film "Cattivo tenente". Il divo Nicolas finalmente ha imparato a recitare. La faida degli intellettuali rossi, Fuksas a Maselli: "Regista flop"

Herzog snobba Ferrara: "Non so chi sia". E Cage convince

Venezia Perché rifare un film se non si vuol passare per rifacitore? Werner Herzog ieri s’è infastidito perché Abel Ferrara aveva condannato che ci fosse, firmato da Herzog, un altro Cattivo tenente dopo il suo. Herzog ha detto: «Ferrara? Non so chi sia». In linea teorica ha ragione Ferrara: i film non andrebbero rifatti. In linea pratica ha ragione Herzog: il secondo Cattivo tenente surclassa il primo.
Ma di queste inezie vive la mondanità cinematografica. Perciò al Lido, ieri, di questa nuova versione s’è straparlato con Herzog e gli interpreti principali, Nicolas Cage e Eva Mendes. Quest'ultima è arrivata con tacchi altissimi, senza averne bisogno, e dicendo «ciao» ai giornalisti. Caro tentativo di cordialità (mediamente le attrici straniere sanno dire solo «pizza»). In cambio è stata poco interpellata dai giornalisti e ancor meno dalle giornaliste. Ma Eva ha detto una cosa intelligente: «Bravo è chi recita anche senza parlare».
Pochi in Italia sanno farlo, anche perché i nostri registi e produttori temono i silenzi come la peste (per restare a questa Mostra, si pensi a Baarìa: o parla Tornatore attraverso i suoi personaggi o imperversa la colonna sonora di Morricone).
A proposito: giunto ai quarantacinque anni (l’età che ha dichiarato), cioè quando nessuno si illudeva più, Cage ha imparato a recitare. Nel Cattivo tenente, come nell’interessante Segnali dal futuro di Alex Proyas (da ieri nei cinema), l’attore italo-americano (vero cognome: Coppola. (Francis Ford è suo zio) ha smesso d’atteggiarsi a nuovo James Stewart alternardo due espressioni: mandibola su, mandibola giù. E poi s’è visto ieri che lui è un attore colto. Cita, e non a sproposito, Stockhausen e Miles Davis. Ma soprattutto è educato. Caratteristiche che non sono quelle principali di Robert De Niro, Bruce Willis, Mickey Rourke, Sean Penn, Samuel L. Jackson...
Il cattivo tenente fa di Cage un poliziotto di New Orleans (non di New York come nell’archetipo di Abel Ferrara). Direte: perché s’è passati dal nord dal sud? Perché, dopo l’uragano Katryna, lo Stato della Louisiana incentiva i film girati lì. Il poliziotto pare onesto: proprio durante l’uragano salva dall'annegamento in cella un detenuto. Ma così si provoca una lesione alla schiena, con conseguente dipendenza da anestetici. Dagli anestetici alla marijuana, all’eroina, alla cocaina, al crack il suo cammino è breve e gratuito, ma può attingere all’armadio dei corpi di reato. E qui comincia il sui viaggio al termine della notte, fra scommesse e abusi di potere, stupri e violenze varie.
Dunque il titolo del film si giustifica nel film di Herzog come si giustificava nel film di Ferrara? No. Certo, Herzog mi dice: «Il tenente prova gioia nel fare il male». Ma Cage lo smentisce, giustificando il personaggio: «Che cosa sappiamo di chi soffre come lui?». Sullo slancio Cage si fa sfuggire che il padrone del set, se non del film, è stato lui. Esempio. C’è una bella scena, nella quale una badante viene interrogata per aver fatto fuggire il figlio, testimone-chiave di una strage. La sostiene la vecchia badata. Il tenente allora le malmena a parole come meritano, staccando l’ossigeno alla vecchia sussiegosa (suo figlio). Quasi tutto questo nella sceneggiatura non c’era e l'ha fatto mettere Cage. Come anche l’invettiva che strappa la risata, visto che tipino è il tenente stesso: «Sono quelle come voi che hanno rovinato questo Paese».
Ma allora Herzog che cosa ha fatto? Innanzitutto si è sposato con un’americana ed è andato ad abitare a Los Angeles, il che gli ha permesso di non fare più solo film con quattro soldi in Germania. Ma non è troppo fiero. Anzi mi garantisce: «Non diverrò cittadino americano, perché qui - come in Nigeria e in Giappone - vige la pena di morte».
In effetti anche il cattivo tenente non uccide: lo lascia fare agli altri, assistendo sereno al lancio dei cadaveri nel Mississippi. E già qui il suo cattivo tenente ha smesso di essere quello di Harvey Keitel per Abel Ferrara, che era più individualista, più disperato, più masturbatore (in mezzo alla strada) che stupratore (sempre in mezzo alla strada). E più mistico. Alle Madonne e alle candele che costellavano l’incubo metropolitano di Keitel, Cage oppone, complice Herzog, allucinazioni da delirium tremens, però con iguane e ramarri al posto dei ragni.

Evocazione questa però sicuramente di Herzog: qualcosa bisognava pur lasciargli.

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