Hiromi, pianista coraggiosa sulle strade della ricerca

Non si può dire che Hiromi non sia coraggiosa, quasi temeraria. Hiromi chi? Dirà qualcuno... Hiromi Uehara, la 28enne pianista giapponese - ma figlia della Berklee School di Boston - che martedì a Milano ha tenuto il suo unico concerto italiano sorprendendo positivamente il pubblico. Coraggiosa perché, dopo aver aperto lo show con un brano jazz rock - con il robusto supporto di basso e batteria - s’è lanciata nella lunghissima improvvisazione della suite Music For Three Pieces orchestra -, divisa in quattro parti, in cui ha concentrato improvvisazione, lampi d’avanguardia, break cameristici in una frenetica cavalcata dai colori cangianti. C’è tutto, perfino troppo nei suoi concentrati sonori che hanno colpito Chick Corea (che dopo averla ascoltata a Tokyo l’ha voluta con sé sul palco per improvvisare qualche pezzo) o Ahmad Jamal.

Lei dice di amare Oscar Peterson e Listz, Bach e i King Crimson e attraverso queste coordinate apparentemente inconciliabili tra loro fa scorrere i suoi brani, con tocco virtuosistico seppur spesso un po’ troppo pesante, irruente, frutto dell’entusiasmo e della troppa generosità. Sa alternare free jazz e melodie classiche, deve crearsi uno stile sulla difficile strada di chi vuol liberarsi da ogni barriera stilistica.

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