«Una hit-parade delle banche più generose»

RomaMinistro Renato Brunetta, ancora liste pubblicate sul sito del suo dicastero, questa volta delle società a partecipazione pubblica, con tanto di stipendi dei dirigenti...
«Nessuna demonizzazione, solo un contributo alla trasparenza per consentire ai cittadini di valutare la qualità e l’efficienza delle pubbliche utility che operano nel loro territorio».
Sono diminuite, ma sono ancora tante...
«Certo, con capitale all’80-90 per cento pubblico e che di solito lavorano in situazione di monopolio. È un po’ una situazione da Unione sovietica».
Confindustria lo aveva battezzato neosocialismo municipale...
«Sì, e io faccio trasparenza su questo sistema, che non è tutto da buttare via. Certamente sono molte e gli amministratori, rispetto alle performance, sono pagati troppo. Ora che abbiamo messo online tutti i dati i cittadini possono andare a spulciarli per poi farsi sentire. Nel bene o nel male».
È vero che le piacerebbe applicare il metodo Brunetta anche alle banche?
«Ci sono graduatorie dei mutui, mi sono chiesto, perché non fare altrettanto con la concessione del credito e più in generale, sul comportamento degli istituti di fronte alla crisi?».
E come?
«Una hit parade. Se ne sentono di tutti i colori. Gli imprenditori dicono che hanno chiuso il credito, che sono egoiste e che amplificano gli effetti della crisi. Loro, le banche, al contrario sostengono che la concessione del credito è aumentata. A chi credere? Per questo serve la classifica».
Su quali basi la compilerebbe?
«Pubblicando i dati, magari da fare certificare dai comitati per il credito istituiti presso le prefetture. Un’operazione trasparenza».
Con quale obiettivo? Critica le municipalizzate, ma a molti una cosa del genere apparirà sovietica...
«Per carità, un’impresa può fare quello che vuole. Per questo io non parlo di penalizzazioni, ma di premi alle imprese che si dimostrano, per usare un’espressione del governatore di Bankitalia Mario Draghi, lungimiranti».
Stilare una classifica dei bravi comporta anche una bad list. A che pro?
«Concorrenza. Una pura reazione da mercato. Moral suasion. Se in un territorio una banca locale, un credito cooperativo, agrario o una cassa di risparmio si comporta bene e i cittadini lo sanno, facile che decidano di trasferire lì il conto».
Lei lo farebbe?
«Sarei il primo a spostare i risparmi ed effettuare operazioni in una banca che io so essere dalla parte dei cittadini».
E la pubblica amministrazione potrebbe usare la stessa logica, spostare i depositi presso le banche che concedono più facilmente il credito?
«Certo, un ente locale, una tesoreria... Sarebbe bello affidassero i soldi proprio alle banche lungimiranti».
Una strategia del genere è applicabile anche ai grandi gruppi?
«Tutti lavorano con clienti e imprese. Ma io non voglio stigmatizzare nessuno. Le grandi banche sono la spina dorsale della nostra economia, ma se poi si dovesse scoprire che le piccole banche sono più lungimiranti, allora viva le piccole».
Lei crede più alle lamentele delle imprese o alla difesa delle banche?
«Io non mi rassegno all’idea di un sistema bancario ottuso, opaco, sordo, che non si mette una mano sul cuore, e quindi sul portafogli. Voglio credere che sia solo una leggenda metropolitana».
E se non fosse così?
«Sarebbe incomprensibile. Non è possibile che non si concedano più scoperti quando rispetto a prima non è cambiato nulla. Può essere calato il fatturato di un’impresa per colpa della crisi, ma l’imprenditore è sempre lo stesso. Perché dovrebbe cambiare il merito di credito?».


Secondo lei i clienti sarebbero disposti a spostare i loro conti per premiare le banche più lungimiranti?
«L’ispirazione mi è venuta dalla notizia che i dipendenti di un’azienda hanno ritirato in massa i depositi da un istituto che non aiutava il loro datore. Io sono sicuro che la prima banca che aderirà guadagnerà correntisti. Le altre seguiranno».

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