New YorkLultima volta che ha parlato era così: umiliato, offeso e sconfitto dalla vita, più che dal ring. Derubato e tradito dagli amici e dai manager che definisce «sanguisughe» per averlo ridotto quasi in miseria. Un Mike Tyson remissivo, a volte con le lacrime agli occhi e la voce tremante che si confessa candidamente per unora e mezza di fronte alla telecamera di James Toback, uno dei registi più impegnati culturalmente che Hollywood possa vantare. Il film-documentario confezionato da Toback ha per titolo Tyson, è uscito venerdì scorso nelle sale cinematografiche americane ed è già un successo di pubblico e soprattutto di critica. «Sono cresciuto per strada, senza famiglia e genitori, mio padre è andato via di casa quando avevo 11 anni, mia madre non la vedevo quasi mai. E sono cresciuto nel peggior ghetto di New York e dAmerica, a Bronsville: tra prostitute, spacciatori e criminali di ogni genere. Non avevo proprio strumenti per affrontare la vita», spiega un Tyson avvilito, sempre con la voce bassa e pensosa dello sconfitto. «In 15 anni di boxe tutti quelli che erano con me mi hanno usato e ingannato, tutti ad eccezione di Cus Damato». E appena Tyson pronuncia il nome di Cus Damato scoppia in un pianto di alcuni minuti, la telecamera rimane muta e impietosa di fronte allespressione commossa e alle lacrime che gli scorgono sul viso. Poi racconta di aver conosciuto molti personaggi storici, ma i più importanti, per lui, sono stati tre: Gorbaciov, Mandela e Berlusconi.
Ha ammesso tutti gli eccessi commessi fuori dal ring, ma Tyson con forza ha voluto ribadire ancora una volta di non essere uno stupratore. Di non aver commesso mai nessuna violenza su una donna. «Non ho mai costretto con la forza nessuna donna ad aver sesso con il sottoscritto. Avevo le donne più belle al mondo che si infilavano nel mio letto ogni sera: le più belle attrici e modelle», ribadisce Tyson di fronte alla telecamera di Toback. Il riferimento è al caso di Desirée Washington, la reginetta nera di bellezza che denunciò Tyson per stupro: lui poi fu condannato dal tribunale dello Stato dellIndiana a sei anni di carcere (ne scontò tre per buona condotta). «Si infilò nella mia camera dalbergo intorno a mezzanotte, come hanno fatto centinaia e centinaia di donne. E non ho mai capito perché mi abbia denunciato per stupro. Chi cera dietro questa storia. Avevo tutte le donne che volevo, le più belle e famose», ha aggiunto un Tyson angosciato e dimesso. Ai tempi del caso Desirée, nel 1992, Tyson poteva annoverare tra le sue amanti anche Naomi Campbell.
Come lascia velatamente intuire il film-documentario e come hanno scritto diversi giornalisti americani, ci fu forse lo zampino di Don King a incastrare e orchestrare la messa in scena dello stupro, in quanto il pugile (che lanno prima aveva perso la corona mondiale e subito la prima sconfitta della carriera a Tokio contro il carneade Buster Douglas), stava per lasciare il suo vulcanico promoter.
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