«Ho vinto 22 milioni al Superenalotto: è stata la mia rovina»

Bisognerebbe essere già ricchi per prendersi il lusso di vincere al Totocalcio o al Superenalotto. La dea bendata lo sa, ma ogni tanto, per pura cattiveria, si toglie lo sfizio di premiare uno sfigato. E finisce che son dolori, angustie, sbalestramenti, angosce. Perché ai soldi bisogna essere abituati. Lo so, detto così sembra un beffardo paradosso, ma seguite il ragionamento. Solo un ricco riuscirebbe a far finta di nulla, a mascherare il botto (soprattutto se i soldi son tanti); a continuare nel solito tran tran, fra Cortina e le Maldive, a non suscitare le attenzioni dei malintenzionati e quella mala bestia che dorme negli altri, in tutti quelli che ti circondano e che si chiama invidia, il più orrendo dei sette vizi capitali. Vero è, come diceva Alfredo Panzini, che «il milionario non godrebbe niente se gli mancasse l'invidia del popolo». Ma vedersi scombussolare così la vita, credete, può essere dura.
La storia di Virginio Salmoiraghi che raccontiamo qui sotto, storia a suo modo esemplare sia dunque di monito (lo diciamo tanto per dire, tanto nessuno ci darà retta) alla folla di sventurati che con autentico sprezzo del pericolo e incuranti del ghigno di Nemesi hanno accettato il rischio di vincere 160 e dispari milioni al Superenalotto.
Virginio Salmoiraghi, dunque. Settant'anni, sposato, padre di tre figli e nonno di tre nipoti è uno di questi sventurati. Incanutito anzitempo, l'occhio vigile e irrequieto, come di uno che sa di avere il diavolo alle calcagna, Virginio ha avuto due vite. Nella prima faceva l'operaio metalmeccanico alla «Franco Tosi». Salario modesto, vita modesta, aspettative modeste, il karaoke con gli amici al circolo il sabato sera e i conti della serva per arrivare alla fine del mese. Uno come tanti. Poi, il 4 ottobre 2003, come fu come non fu, la sua vita cambiò. Si chiuse alle spalle l'uscio di casa, in un malinconico palazzone popolare di Cerro Maggiore, dalle parti di Legnano, e si mise a camminare, spinto da una forza misteriosa, in direzione della ricevitoria «Chic e Choc». Lì, appese con le graffette ai vetri del gabbiotto, allora come oggi, c'erano un mucchio di schedine del Superenalotto. Di quelle prestampate. Virginio ne scelse una da un euro, pagò e uscì. Il giorno dopo seppe di avere vinto 22 milioni di euro. Sì, ventidue. «Bè, vincere tanti soldi così è una cosa che ti stravolge la vita - mormora oggi, sconsolato -. Non dico che sia una disgrazia, mancherebbe. E poi, l'invidia della gente è una brutta bestia».
A far fesserie Virginio cominciò subito. Una Ferrari nuova fiammante, abiti per sé e la sua signora firmati Versace e Dolce e Gabbana, viaggi a gogò, una villetta bifamiliare a San Vittore Olona. Insomma, a far finta di niente, come si dovrebbe, come ci hanno ripetuto un milione di volte, proprio non ce l'ha fatta. Sicchè la voce ha cominciato a girare. E lui a vivere un po' di contrabbando, orecchie basse, il cuore in tumulto, tutta una vita di eccessi e di precauzioni, la pelliccia alla sciura e tirar sulla lesina al bar. Ma ci son voluti sette anni, e tutta la sua dabbenaggine (parlarne coi giornalisti, cedere alle lusinghe della telecamera, da ultimo!) perché la sua storia diventasse di dominio pubblico.
É successo che la settimana scorsa gli hanno rubato una Bmw X6, e l'altra notte, proprio davanti al cancello della sua villetta gli hanno incendiato una Mercedes classe B. Un tentativo di estorsione? Uno sfregio? Uno sbocco d'invidia? Nel dubbio, uno con un po' di sale in zucca avrebbe sporto denuncia ai carabinieri e si sarebbe chiuso a tripla mandata nella sua scialba villetta mai intonacata, dove una scritta dice «Wellcome», ma non è vero niente, qui nessuno è benvenuto. O avrebbe preso il primo aereo per Fortaleza, in Brasile, dove ultimamente il Virginio è di casa, tra femmine e champagne, mormora il vicinato, all'insaputa della moglie, che sta a casa e intanto, mormora sempre il vicinato, si prende le sue rivincite...
Invece il Virginio a star zitto non ce la fa. «Parlo perché voglio che la mia esperienza sia d'esempio al prossimo vincitore al Superenalotto - dice -. Prima avevo una vita normale.

Ora ho i cani in giardino, vivo circondato di telecamere, mi bruciano l'auto... La verità è che non bisogna dire nulla a nessuno, neanche agli amici e parenti più fidati. E però son sempre lì, ogni sabato, davanti alla ricevitoria. Non si sa mai...».

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