I 100mila euro per i restauri: l’ultimo sospetto su Tulliani

Per Fini fu Giancarlo a pagare i lavori. Ma chi li eseguì giura di aver fatturato alla off shore proprietaria dell’immobile. Il capocantiere conferma che il fratello di Elisabetta dirigeva la ristrutturazione

I 100mila euro per i restauri: l’ultimo sospetto su Tulliani

Montecarlo - Autogol bis? Dopo l’incredibile pasticcio difensivo dei primi d’agosto allorché al punto sette delle sue otto (non) risposte rivelò alla stampa di conoscere una data che non avrebbe dovuto conoscere (quella del secondo rogito fra le due società off shore del 15 ottobre 2008), Gianfranco Fini s’è messo in condizione d’esser messo nel mirino per un altro svarione in zona cesarini: a suo dire, infatti, il cognato con la Ferrari gli avrebbe confidato che per la casa di Montecarlo aveva saldato anche le spese di ristrutturazione. Circostanza che collide con quanto affermato al Giornale dal titolare della società Tecabat in merito al saldo di centomila euro fatturato alla Timara Ltd proprietaria dell’immobile, dunque non a Tulliani. Lapsus o cos’altro? Proviamo a scoprirlo. Ecco il passaggio del monologo internettiano di Fini sul restauro della casa che fu della contessa Anna Maria Colleoni: «Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il signor Giancarlo Tulliani. Il fatto mi ha provocato un’arrabbiatura colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d’affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione».

Rino Terrana, proprietario della società Tecabat di Mentone, intervistato dal Giornale il 16 settembre scorso, la metteva invece così: «La mia Tecabat ha fatturato all’incirca centomila euro di lavori a Timara Ltd ma faccio presente che noi non sapevamo niente, e non sappiamo, rispetto a chi c’è dietro questa società. Ha fatto da tramite un architetto. E comunque è tutto in regola, i dettagli li conosce il contabile, non ho alcun problema, eventualmente, a riferire al magistrato gli estremi del versamento in banca».

Ancora un passo indietro. Tre giorni dopo lo scoop del Giornale del 27 luglio, sempre a questo quotidiano, Stefano Garzelli, uno dei referenti della Tecabat che personalmente ha seguito i lavori, svelò che il prezzo finale ammontava «all’incirca a centomila euro» e le fatture venivano girate attraverso un architetto di fiducia al cliente (Tulliani o la Tecabat?) che «Giancarlo Tulliani era sempre presente nel cantiere dicendo ogni volta la sua su come voleva che venissero fatti gli interventi di ristrutturazione», e soprattutto che «c’era un rapporto diretto fra la Timara e Tulliani». Fini, dunque, confessa sul web che il cognato gli ha giurato d’aver pagato personalmente i lavori. Il titolare della società di ristrutturazione afferma invece d’aver fatturato alla società Timara proprietaria dell’immobile, dunque non a Tulliani. Il capocantiere Tecabat ci mette il carico sopra facendo presente che Tulliani e Tecabat avevano «una relazione diretta» e che Tulliani dirigeva il restauro. A prendere per buone le testimonianze monegasche, quando il presidente della Camera afferma che il cognato ha saldato l’importo del restauro (pagato invece dalla Timara) sancisce di conseguenza che il cognato sarebbe il proprietario del quartierino? Ciò detto verrebbe meno anche l’eventualità che l’affittuario Tulliani, d’accordo col proprietario di casa, possa essersi accollato le spese dei lavori da detrarre poi dal canone mensile o annuale. E ancora. Se è la Timara Ltd a staccare l’assegno per il rifacimento della casa, come mai Giancarlo e la sorella Elisabetta, a detta del costruttore Luciano Garzelli (contattato dall’ambasciatore Mistretta per dare inizialmente una mano a Tulliani), attraverso un architetto imponevano modifiche al progetto e addirittura il trasporto, dall’Italia, dei materiali? «L’architetto della signora - ha ribadito Garzelli il 25 settembre al Giornale - mi disse di procedere col preventivo ad eccezione delle forniture, cioè le piastrelle, i rubinetti, i mobili, la famosa cucina. Tutta roba che i Tulliani insistevano a portare dall’Italia». Il presidente della Camera ha sempre sostenuto di essere all’oscuro di tutto e di aver appreso con «sorpresa e disappunto» dalla compagna che in quella casa abitava il cognato.

E del trascurabile dettaglio che i lavori di ristrutturazione li avesse seguiti proprio Elisabetta, ovviamente prima del trasferimento del fratello in quella casa, anche di questo era all’oscuro?
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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