Roma - La frana del 29 maggio s’è fatta valanga nei ballottaggi, e la fuga dal centrosinistra ha preso l’onda di un esodo biblico. L’Unione ha conservato la provincia di Genova, ma per un soffio e al di sotto di ogni previsione. Con l’aggravante di aver perso, con dolorosa sorpresa, Matera. Gli altri capoluoghi di provincia sono andati secondo le previsioni, tant’è che la Cdl nel secondo turno ne ha conquistati 5 contro i 3 del centrosinistra. Il quale ha sì vinto a Taranto, ma spaccandosi. E la vittoria del centrodestra è confermata massicciamente nel risultato complessivo delle altre 61 città andate al ballottaggio. È un bilancio da ko. Tanto da convincere Silvio Berlusconi e Umberto Bossi ad annunciare, dopo la consueta cena ad Arcore, che si recheranno al Quirinale per rimarcare al presidente della Repubblica «l’emergenza democratica» e per chiedere le elezioni anticipate.
La fuga dall’Unione, già preoccupante al Nord nel primo turno di queste amministrative, s’è fatta ora scomposta e precipitosa, una vera Caporetto: «Dove c’è la Lega si vince», vanta Umberto Bossi. In Lombardia, su 9 comuni in ballottaggio 8 sono andati al centrodestra, che ha conquistato roccheforti storiche della sinistra come Abbiategrasso, San Donato e Garbagnate, e s’è ripreso Desenzano del Garda. In Veneto l’alleanza tra Lega e Cdl ha portato alla conquista di Chioggia e Iesolo, modificando così l’intero equilibrio della provincia di Venezia. In Piemonte di Omegna. In Umbria il centrodestra ha espugnato Todi, città rossa che più rossa non si poteva, con un giovane sindaco di An. In Abruzzo ha conquistato Montesilvano, in Puglia Castellaneta, Polignano a Mare e Mesagne. Nei 5 ballottaggi della Sardegna ha fatto l’en plein, dei 13 grandi comuni dove s’è votato domenica e ieri in Campania ne ha vinti ben 10. Per non dire di Matera, dove Emilio Buccico è stato eletto sindaco col 57,2% dei voti, lasciando stupefatta l’intera Unione.
Le percentuali sono rivelatrici. Soppesate quel risicato 51,44% col quale l’Unione ha ripreso la provincia di Genova, che nel 2002 aveva avuto al primo turno e col 56%. Ce l’han fatta per il rotto della cuffia, e con lo scotto di dover sentire il folliniano Fabio Broglia vantare l’«apporto decisivo» degli scissionisti dell’Udc. Ma ancor più rivelatore della débâcle del centrosinistra, è proprio il risultato delle città che hanno conquistato. Taranto ad esempio, che non a caso viene vantata come successo soltanto dall’Udeur e dall’estrema sinistra, compresa Rifondazione del governatore Nichi Vendola. A Taranto infatti erano in ballottaggio il candidato della maggior parte dell’Unione, Giovanni Florido, e quello del Campanile, del Psi e della sinistra radicale Ippazio Stefàno. Che quest’ultimo abbia vinto col 76,3% vuol dir qualcosa per Romano Prodi e per il Partito democratico di Quercia e Margherita? La sindrome tarantina si rivela anche a Santa Maria Capua Vetere, dove Giancarlo Giudicianni è diventato sindaco (66,51%) coi voti di Margherita, Rifondazione, Verdi e Di Pietro, battendo Maria Luisa Chirico candidata dell’Udeur e della Quercia.
Sinistra divisa Ulivo spaccato, no? Sempre di più. Anche se Clemente Mastella dice che «non è stata una Waterloo», Arturo Parisi minimizza tutto al «livello amministrativo», Prodi s’arrocca come se Palazzo Chigi fosse una torre d’avorio e Chioggia, Todi e Matera su Marte.
Silvio Berlusconi definisce il risultato dei ballottaggi «eclatante», spiegando che «conferma e rafforza il risultato del primo turno, segna una sconfitta ancora più netta e pesante delle sinistre, dimostra la sfiducia crescente e dilagante dei cittadini anche di sinistra nei confronti di questo governo, impone un cambiamento della guida del Paese, che nessuna persona responsabile può non considerare indispensabile ed urgente». Ancora un dato rivelatore, quello dell’affluenza alle urne. Alle comunali è stata del 63,24%, ben alta per un ballottaggio. Per la Provincia di Genova, invece, è precipitata al 48,17%.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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