I bamboccioni e la verità di Padoa-Schioppa

Carissimo Granzotto, come la mettiamo con la storia dei bamboccioni? Come mai nonostante a denunciare il fenomeno sia stato un ministro del governo Prodi il bamboccione è di sinistra? E come mai anche la destra si mostra tollerante nei confronti dei bamboccioni? Padoa-Schioppa è colpevole di lesa gioventù o tutto sommato torto non ha? Mi aiuti a capire perché il bamboccione è oggi tenuto in così alta considerazione. Da solo, non ci arrivo.
Parliamo prima della bamboccionaggine, caro Agrotti. Fiutata l'occasione per far breccia negli indifferenti animi giovanili, Walter Veltroni ha spudoratamente affermato che quello dei bamboccioni «è il principale problema del Paese». E che i bamboccioni «meritano non solo rispetto, ma anche l'accompagnamento nella ricerca di opportunità», che sarebbe come a dire la tata a vita. Per non essere da meno anche la Rosy Bindi s’è messa a bamboccioneggiare buttando là: «I ragazzi oggi restano a casa non perché stanno bene con mamma e papà, ma perché mancano le condizioni per uscire di casa». Cioè, per il bambaccione più bamba che cione, la voglia di farlo. Per fortuna (poca fortuna, però questo passa il convento) non tutta la classe politica s'è completamente rincitrullita dietro i bamboccioni. A chi gli chiedeva cosa ne pensasse della sortita di Padoa-Schioppa, il ministro Paolo Ferrero, che di suo è comunista, ha infatti fascisticamente risposto: «Chi se ne frega». Affermazione che gli merita una virtuale ma assordante standig ovation.
E veniamo al bamboccione in quanto tale. Ho fatto il conto: nella cerchia delle mie amicizie allignano undici bamboccioni. Due bamboccioneggiano perché in attesa di una occupazione (che non viene cercata, troppa fatica: quando si presenterà si presenterà) che consenta loro di uscire di casa e mettersi in proprio. Gli altri nove bamboccioneggiano perché sono dei bamboccioni professionisti. Potrebbero mettersi in proprio, ma chi glielo fa fare? Anche se sovvenzionata dai genitori l'esistenza si prospetterebbe come un inferno di rinunce, sacrifici, impegni, responsabilità. Non solo gli toccherebbe andare in ufficio, ma anche pagare le bollette, spadellare i quattro salti in padella, rifarsi il letto, lavare e stirare, fare la spesa... attività che al solo pensarle al bambaccione vengono i brividi. Perché il bamboccione ragiona così: sono ancora giovane (si pretende di esserlo fino ai quaranta, quarantacinque. Anche cinquanta), c'è dunque tempo per farmi una vita, cercarmi un lavoro, metter su casa, sposarmi ed avere dei marmocchi. Scuola di pensiero che i Veltroni e le Bindi, un po' per lisciargli il pelo (bamboccioni sì, ma anche elettori), un po' perché hanno fatto del «giovane» un feticcio, incondizionatamente abbracciano minacciando: «Giù le mani dai bambaccioni!». Questo loro. In quanto a me, caro Agrotti, la penso così. Giovani di tal fatta non li si può prendere, come meriterebbero, come mi piacerebbe fare, a calci nel sedere: capace che te lo restituiscano con la forza dei loro trent'anni minimo. Però li si può stanare e mettere alla berlina. Ed è quello che ha fatto Tommaso Padoa-Schioppa.

Al quale dunque - e sono due - va un’altra virtuale ma assordante standig ovation.

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