(...) Per poi rilanciare, allunisono, dichiarazioni di assoluto ottimismo sul pacifismo della manifestazione convocata da chi vuole una giustizia su misura e senza passare per la magistratura. Nessun problema, a parole. Ma poi gli stessi protagonisti dei vertici in prefettura si smentiscono nei fatti.
Le certezze rilanciate da questura e prefettura sulla serenità del corteo fanno a pugni con le decisioni di far sgomberare dai cassonetti e dalle auto tutta la zona interessata dal passaggio dei no global. Il sindaco Marta Vincenzi ancora ieri si è scaldata per ribadire che «Genova è sempre stata un simbolo e con questa manifestazione lo diventerà anche in senso positivo» e che per questo «invita i genovesi a vivere questa giornata positivamente». Ma chi si aspetta che sia lei la prima a viverla positivamente si sbaglia, perché lei è anche la prima cittadina a non aderire al corteo. «Vado in piazza solo se condivido pienamente tutti i valori per cui si manifesta, e questa volta non li condivido tutti», si giustifica. In serata poi, affida addirittura a un sibillino comunicato una maggior dose di possibilismo: «La nostra città non può diventare il luogo dove si consuma il pendolarismo della violenza». Allora lo sa che coi treni speciali e comunque da tutta Italia arriveranno gli sfasciatutto?
Ancora dal mondo politico comunale: «Siamo lieti che i commercianti abbiano partecipato a questo incontro e che abbiano capito che non ci sono rischi», è il concetto rilanciato dallo stesso sindaco e dai suoi assessori. Che però sono talmente sicuri che non accadrà nulla di negativo da non voler chiedere una cauzione agli organizzatori. E in questo senso Giorgio Bornacin e Gianni Plinio di An, in questi giorni impegnati nellopposizione al corteo no global, si riservano di citare per eventuali danni la stessa sindaco. Mentre Stefano Garassino, responsabile regionale di Forza Italia per la sicurezza ma soprattutto commerciante, lancia la sfida allassessore Paolo Striano: «Se è sicuro che non servano cauzioni, perché non si impegna a ripagare eventuali danni? Dico personalmente, non con i soldi del Comune». Agli esponenti del centrodestra ieri ha risposto Enrico Vesco, segretario regionale del Pdci, che ha respinto i loro «schiamazzi importuni e inopportuni». Ma anche il prefetto Giuseppe Romano è sceso sul campo della politica rispondendo (pur senza citarli esplicitamente) a Plinio e Bornacin: «Sono stato definito un irresponsabile, insieme con il sindaco, per non aver vietato questa manifestazione. Non ci ho neppure mai pensato. E mi hanno definito così, una cosa mai accaduta nella mia carriera». E il questore Salvatore Presenti ha aggiunto di sentirsi «offeso» per non essere stato accostato a sindaco e prefetto nellaccusa di irresponsabilità.
E mentre in giro per la città compaiono manifesti volutamente ambigui che invitano alla partecipazione al corteo di domani sotto il titolo «Devastazione e saccheggio», a parole anche il rischio di infiltazioni di ultras decisi a menare le mani è stato «escluso seccamente». Ma quando il prefetto ha chiesto ai rappresentanti degli organizzatori di prendere le distanze da Luca Casarini che ha invitato a Genova i teppisti da stadio desiderosi di vendetta, nessuno ha sconfessato quello che è e resta il primo firmatario insieme a don Gallo del documento di convocazione della manifestazione. «Sarà una giornata pacifica», hanno continuato nel ritornello. Ma nessuno ha preso le distanze da Casarini, né ha detto che le sue parole sono state ritirate. Chi chiede un atto di fiducia nel pacifismo dei no global è lo stesso che intitola i propri documenti ufficiali sulla manifestazioni con le frasi: «La storia non si riscrive nei tribunali. Il conflitto sociale non si arresta».
Tra gli organizzatori, anzi, tra le ali più moderate degli organizzatori, ci sono anche gli esponenti di Rifondazione Comunista. Gli stessi che, mentre a parole sostengono di non avere nulla contro le forze dellordine, a Spezia, in consiglio comunale, si rifiutano di votare un ordine del giorno in memoria dello spezzino Enzo Fregosi morto durante lattentato di Nassirya, perché in precedenza il centro destra si era rifiutato di onorare la memoria di Carlo Giuliani.
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