I cattivi maestri della sinistra

Alla Verità del Partito tutto doveva essere sacrificato

I cattivi maestri della sinistra

La condizione umana è caratterizzata dal conflitto. Gli uomini hanno fini diversi e usano mezzi diversi. La domanda «come devo vivere?» ha molteplici risposte tra loro in contrasto perché gli uomini non sanno cosa sia il bene o ne hanno concezioni svariate e opposte che possono esistere non solo nella stessa società ma anche nello stesso individuo. Il conflitto, però, lungi dall'essere un male è la garanzia della libertà che la democrazia liberale mitiga conservandone i due frutti più importanti: il pluralismo e il dissenso. Tuttavia, c'è chi ha sostenuto - e chi ancora sostiene - che dal conflitto tra interessi e valori opposti si possa uscire e così realizzare la pacificazione dell'umanità con se stessa attraverso un sapere superiore che conciliando l'inconciliabile faccia nascere il regno di una libertà autentica e pura.

Karl Marx dopo avere elogiato la società borghese per la sua capacità di produzione, la descrive come un «deserto popolato da bestie feroci» dal quale si esce con la «rivoluzione comunista» che è «il risolto enigma della storia». Il marxismo crea le condizioni teoriche per giustificare il superamento dello Stato borghese tramite la violenza rivoluzionaria e il terrore catartico. Una volta che la verità definitiva, che supera ogni conflitto, è venuta alla luce non c'è altro da fare che adeguare la società alla sua verità. Il Partito comunista, che unisce i proletari, nasce con questo scopo: usare il Potere per realizzare la Verità. Usare il potere senza limiti cioè anche facendo il male giacché in questo caso il male è fatto da chi conosce la verità e sa che il male è solo l'altro volto del bene e che, in fondo, lo sterminio di massa è necessario e fatto per il bene dell'umanità. La rivoluzione è solo un acceleratore di una verità necessaria che compie l'essenza umana liberandola e purificandola per sempre. I borghesi sono solo «insetti nocivi» (Lenin), «topi viscidi» (Sartre), «ripugnanti piccolo-borghesi» (Lukács) e lo «sterminio di classe» è giusto. Dunque, perché non dare una mano alla storia? Il Partito è nato per questo e Gramsci, Togliatti, Lukács, Sartre, Marcuse, in quanto accettano il dogma di Marx, Engels e Lenin di una verità che si fa potere e di un potere che si fa verità, sono i cattivi maestri della sinistra.

I Cattivi maestri della sinistra - come recita il titolo dell'ottimo libro di Luciano Pellicani ora in uscita da Rubbettino - ritengono di essere infallibili e giusti. L'infallibilità deriva loro da un supersapere che li libera dal falso facendogli conoscere la necessità. La giustizia è casa loro perché essendo liberi dagli errori sono anche liberi dalle scelte sbagliate e fanno l'unica cosa vera. Tutto era già scritto nell'undicesima tesi di Marx su Feuerbach: «I filosofi hanno interpretato il mondo, ora si tratta di cambiarlo». Non c'è più nulla da pensare perché tutto il pensabile è stato pensato e la Verità è già pensata dal Partito che riassume in sé la storia e la funzione di compierla. Marx ha dettato la linea - via lo Stato borghese, fine della proprietà privata, abbattimento violento di tutte le istituzioni sociali, fine delle libertà dei moderni e del capitalismo, origine di tutti i mali ancora esistenti - e Lenin si è incaricato di applicarla con il Partito dei rivoluzionari di professione. Lenin con la rivoluzione d'ottobre e il Partito aggiorna la teoria e crea la pratica: da questo momento gli intellettuali e i leader politici, avendo la rivoluzione come mito fondante, sono chiamati a giustificare il terrore e il totalitarismo.

I cattivi maestri della sinistra si mostrano bravi e scrupolosi scolari che adeguano ai tempi il verbo marxista-leninista. Gramsci non solo sarà fedele alla concezione leninista del Partito ma la integrerà con la dottrina dell'egemonia del moderno Principe che sarà, in ogni regime comunista, la legittimazione della dittatura totalitaria degli intellettuali sulle masse lavoratrici. Togliatti, tramite «il legame di ferro con Mosca», applicò l'ideologia gramsciana dell'egemonia facendo del Pci un contro-Stato e una contro-Società con il mito della purezza ideologica e con la pratica di un'organizzazione capillare del Partito. Berlinguer, del quale è rimasto il mito della diversità, ancora nel 1981 parlava del Pci come di una «preziosa anomalia» perché costituiva una «alterità culturale».

Invece, la diversità, l'anomalia, l'alterità le abbiamo pagate a caro prezzo con una democrazia bloccata, una morale doppia, una cultura organica fino alla fine dell'Urss che aveva rinchiuso interi popoli in un mostruoso Stato totalitario centrato sulla satanica ideologia, come dice Pasternak nel Dottor Zivago, che faceva in modo che «la gente disimparasse a giudicare e pensare, costringendola a vedere ciò che non esisteva e dimostrare il contrario dell'evidenza» per ottenere - per dirla con Solzenicyn - «una completa resa dell'anima: una partecipazione attiva e costante alla generale Menzogna». E si era partiti dalla verità e dalla giustizia!

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica