I commercianti a Prodi: «No all’aumento dell’Iva»

Gian Battista Bozzo

da Roma

Ai medici che si affannano a consulto sui conti pubblici malati, la Confcommercio manda a dire: attenzione alla cura, che non sia controproducente. Ad esempio, spiega il presidente dell’associazione Carlo Sangalli, l’ipotesi di un aumento dell’aliquota Iva «non ci vede d’accordo, perché avrebbe un effetto depressivo sui consumi». E sul cuneo fiscale, Sangalli dice: «Se per intervento selettivo si parla di innovazione, possiamo ragionarci sopra; ma se la selezione significa discriminazione per un intero settore, e vantaggi per i soliti noti, allora diciamo no».
La scorsa settimana, presidente, lei è stato da Padoa-Schioppa. Dicono che il ministro non offra a nessuno il caffè. Ma sui conti pubblici che cosa vi ha «servito»?
«Il ministro ci ha trasferito tutte le sue preoccupazioni sull’andamento della finanza pubblica. I sindacati, che sono stati da Padoa-Schioppa qualche ora prima di noi, hanno parlato di una manovra intorno ai 40 miliardi di euro fra l’intervento correttivo di luglio e la finanziaria 2007. Noi attendiamo di conoscere le cifre ufficiali, ma è plausibile che questo sia l’ordine di grandezza. Del resto, l’aveva detto il governatore Draghi: serve una correzione da due punti di Pil. Se aggiungiamo i 10 miliardi necessari per il taglio del cuneo fiscale, ci siamo».
Una manovra da 40 miliardi presuppone interventi importanti. Si parla anche di un aumento dell’aliquota Iva.
«È un’ipotesi su cui siamo assolutamente in disaccordo. Avrebbe un effetto depressivo sui consumi delle famiglie, che già non mostrano un andamento brillante. So che anche all’interno del governo molti sono perplessi, e registro con piacere che il viceministro Visco abbia dichiarato la sua contrarietà. All’aumento dell’aliquota Iva sono ostili anche i sindacati, e si capisce. Resta favorevole la Confindustria. Ma sono sicuro che non vi sia necessità di un simile intervento: sull’Iva c’è molto spazio per recuperare gettito ordinario».
Qualcuno dice: in Germania la Merkel ha aumentato l’aliquota Iva di tre punti.
«Bella forza! In Germania l’Iva è al 16%, da noi è al 20%. Vorrei aggiungere che, contemporaneamente, a Berlino è stata varata una riforma della tassazione d’impresa che fa scendere la corporate tax dal 38% al 30%».
Iva no, allora. Che strade alternative suggerisce?
«C’è uno spazio enorme per i risparmi di spesa e per la lotta all’evasione fiscale. Ricordo che la spesa pubblica rappresenta, da noi, il 50% del Pil, cioè circa 700 miliardi di euro. E il 40% della spesa è corrente, dunque si può tagliare senza toccare il sociale, insomma senza lacrime e sangue».
E l’evasione? Presidente, non è che stiamo parlando di corda in casa dell’impiccato?
«Fra evasione ed elusione fiscale, mancano all’appello, si calcola, 80 miliardi di euro all’anno. L’equazione di cui lei fa cenno, riferita al nostro mondo, non mi ha mai convinto: anche perché non spiega come mai i bilanci di migliaia di società di capitali siano regolarmente in rosso».
Arriviamo al cuneo fiscale. Nato sotto elezioni per tutte le imprese, ora sembra ridursi a quelle «innovative» o, come ha detto qualcuno, alle sole manifatturiere. Che cosa ne pensa?
«Penso che della riduzione del cuneo fiscale e contributivo debbano giovarsi, intanto, sia le imprese che i lavoratori. Detto questo, vogliamo applicare criteri di selettività? Sediamoci a un tavolo e discutiamone. Se, per esempio, si parla di ridurre il cuneo per incoraggiare la trasformazione dei contratti di lavoro da tempo determinato a indeterminato, sono d’accordo. Se pensiamo all’innovazione anche di servizio, tipica del terziario, va benissimo. Se invece stiamo parlando della discriminazione di un intero settore, e del privilegio per i soliti noti, allora la risposta è no».
Non teme che la strategia dell’allarme sui conti possa spaventare gli operatori economici, e frenare quel po’ di ripresa che abbiamo?
«Penso che bisogna seguire un criterio molto semplice: occorre essere trasparenti e chiari nell’affrontare i problemi. Non vedo, sinceramente, nessun problema a cui non si possa dare soluzione.

Bisogna stare attenti, perché la ripresa c’è, ma è settoriale. Riguarda i beni durevoli come le auto e le tivù, trainate dai mondiali di calcio. Ma i prodotti alimentari, per esempio, sono in flessione. E poi, attenzione, il prossimo mondiale è fra 4 anni...».

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