I Comuni? Salvi, a patto che facciano rete

I Comuni? Salvi, a patto che facciano rete

Il discorso è lo stesso che per le Province. Il taglio, la soppressione dei piccoli Comuni sotto il profilo procedurale è complicato e per nulla scontato. Quindi? «Quindi stiamo ragionando per fare in modo che le piccole municipalità uniscano i loro servizi. Che vuol dire dare la possibilità a quelli che non riescono ad erogarli, di farlo perché si aggregano ad altri. Dobbiamo aiutarli a risparmiare sul fronte della spesa». Il senatore del Pdl Luigi Grillo aggiunge un altro tassello alla discussione sui ritocchi alla manovra anti-crisi di questi giorni e tocca un punto delicatissimo, quello dell’accorpamento dei Comuni con meno di mille abitanti a quelli confinanti e più numerosi. Scelta che però comporta tutta una serie di problematiche non indifferenti.
«Stiamo discutendo di fare un disegno di legge organico stralciando i due argomenti dal decreto e compensando il risparmio su altre voci. È complicato fare i tagli di Comuni e Province, ci vuole tempo».
E allora una soluzione potrebbe essere quella di salvaguardare l’autonomia delle piccole comunità, convincendole a mettere in rete i loro servizi.
«Tutti i comuni hanno un territorio da gestire, hanno bisogno di un ufficio tecnico. Ma per quelli con 500 abitanti è difficile mantenere un geometra per uno, ad esempio. E quindi anziché di valersi di tecnici assunti o esterni, il Comune si mette in rete e assieme ad altri cinque o sei erogano i servizi. È ovvio che un risparmio c’è».
Si tratta in buona sostanza di sfruttare di più i vantaggi della tecnologia, di persuadere le piccole municipalità che la strada dell’informatizzazione è quella giusta, da seguire con coraggio e senza più di tante reticenze.
«L’Anci difende i Comuni e noi li capiamo. Ma non si tratta di difesa o meno, ma di contenere i costi e di spingerli all’informatizzazione». E su questo punto, assicura Grillo, si sta trattando e «con la Lega dovremmo trovare la quadra».
Guai a pensare che una soluzione del genere possa dire rinunciare a fare la riforma. «Ma il risparmio dal taglio di Comuni e Province sarebbe di 300 milioni circa. Se noi aumentiamo l’Iva di un punto vengono fuori 5 miliardi. Non è quello che drizza la manovra».
Giusto, e però l’idea di intervenire sui costi della politica e dimezzare il numero dei parlamentari, dove è finita?
«Il taglio dei parlamentari è previsto nella Costituzione. Dobbiamo fare una legge costituzionale, ci vogliono due letture con maggioranza qualificata. Ma è ovvio che il numero da tagliare è in funzione della legge elettorale che si fa. Dobbiamo prima di tutto modificarla, decidere quanti sono i collegi in Italia e poi fare la legge per ridurre i parlamentari. Ma bisogna fare un disegno di legge, non è cosa da mettere in un decreto».
Eppure a chiedere un sacrificio alla cosiddetta «Casta» sono in tanti, tantissimi. Politici, senza dubbio, parti sociali.

Ma prima di tutto la gente comune, i cittadini che vorrebbero un segnale forte e deciso dalle istituzioni.
«Mi pare che ci sia un consenso vasto. Se iniziamo ora, forse a fine legislatura ce la facciamo. È un argomento che è sul tavolo».

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