I Ds del Sudamerica accusano l’Unione: «Scippato un seggio»

La Quercia attacca: «Quel documentario? Disgustosa manipolazione» La replica della direzione: «Abbiamo solo trascritto un dialogo filmato»

Luca Telese

da Roma

Adesso i Ds provano ad abbozzare una scomposta difesa, e per bocca del loro responsabile Esteri Gianni Pittella dicono: il film che ci accusa, Hermanos de Italia è stato manipolato. Purtroppo per loro non è vero. La registrazione è chiara, nitida, ed è quella in cui il vice di Pittella, Norberto Lombardi, dice alle due candidate del suo partito, Mirella Giai e Marisa Basile: «Abbiamo interesse a non muovere paglia, non dovete fare denuncia se no ci salta tutto il baldacchino! Se si rivota naturalmente perdiamo le elezioni, perché in America Latina e in Nord America il senatore se lo pigliano loro!... eh!».
Loro, ovvero il centrodestra. Per capire i retroscena del caso Giai bisogna calarsi nella competizione feroce che ha visto opposti solo un mese fa le due anime conflittuali dell’Unione, candidate nella stessa lista. Da un lato ci sono la Basile e la Giai, la prima venezuelana, giovane, bella; la seconda argentina, settantenne indomabile e saggia. Dall’altra ci sono i candidati centristi, uno, Luigi Pallaro, corre da indipendente con una sua lista. L’altro, Edoardo Pollastri, è stato vicino a Forza Italia, poi ha deciso di candidarsi «da indipendente» nella lista dell’Unione, ha molti soldi ed è l’unico che può battere la macchina da guerra dell’Inca Cgil, che si è mobilitata intorno alle due diessine. Inizia un vero e proprio Monopoli. Si creano dei ticket e Pollastri si mette a correre insieme a Marco Costa, candidato di estrazione diessina. Poi il senatore «indipendente» trova la sponsorizzazione della Margherita, e soprattutto del suo responsabile Italiani nel mondo, Franco Danieli (già sottosegretario agli Esteri) intenzionato a controbilanciare la forza delle due diessine.
Ha ragione il regista, Volfango De Biasi; il palcoscenico del voto estero ingigantisce le differenze profonde fra gli uomini dei Ds e della Margherita. La Giai, per esempio, è un personaggio che in America Latina ha una fama quasi mitologica: figlia di un comandante partigiano, da sempre militante del Pci, ha tenuto aperta la sede della Cgil anche sotto la dittatura dei colonnelli. Aiutava gli oppositori politici e i democratici perseguitati ad espatriare, era stata più volte sequestrata, legata e picchiata per la sua opera umanitaria. Vive in condizioni umilissime, ha una pensione di 310 pesos, poco più di 100 euro. Per questo, la sfida nella stessa lista fra lei e Pollastri sembrava un duello fra le due anime della sinistra, un Paperone conquistato dall’idea del governo («sono amico di Tremaglia anche loro preferiscono me a queste due sciite») e transitato sotto l’ombrello dell’Unione quando la vittoria del centrosinistra pare scontata.
Nel video di De Biase è documentata fedelmente questa sfida, in cui la differenza antropologica fa crescere la disistima. Ruggisce solo al ricordo Antonio Bruzzese, che è il grande regista delle candidature sponsorizzate dalla Cgil. «Mirella e Marisa hanno fatto campagna con due lire, questi altri andavano in giro a raccogliere voti con le modelle nude».
In un altro frammento del documentario, si vede un incontro curioso: un giovane giornalista argentino, Marco Costa, che va nella sede di Pollastri a spiegare come andranno le cose: «Ma tu capisci come andranno le cose in questo Paese? Almeno il 10-20 per cento dei voti sono truccati. Ho sentito gli uomini che hanno una struttura forte, quelli che possono intercettare gli elettori nei consolati, farsi dare la scheda e votare quello che vogliono loro. E questa struttura, per esempio, ce l’ha solo Pallaro».
Da quel momento in poi, tutto sembra esplodere, la telecamera di De Biase filma fedelmente incontri, malumori, frecciate reciproche, l’ostilità che sale contro le due donne diessine. Si creano legami trasversali, ad esempio contro la Basile, accusata di essere antichavezista in Venezuela e boicottata, per questo suo smarcamento dalla sinistra ufficiale del suo Paese. Lei reagisce come una tigre, mette a tacere chi le urla nei comizi. Alla fine, dalle urne, viene fuori la sorpresa: la macchina da guerra messa in piedi dall’Inca Cgil, con grande soddisfazione di Bruzzese, ha ottenuto due seggi su due nella circoscrizione del Sud America: «Abbiamo fatto cappotto», grida in verace romanesco il dirigente cigiellino. E infatti è così, visto che non solo la Basile e la Giai, ma ben altri quattro candidati messi in campo dalla sua organizzazione o sponsorizzati in corsa, sono arrivati in Parlamento. Ride amaro la Giai, che stamattina presenterà il dossier con le sue verità da Rosario, in Argentina: «È una storia incredibile. Avevo già ricevuto il telegramma delle autorità italiane, sul sito del ministero dell’Interno c’è perfino ancora il mio nome fra gli eletti. E poi...». E poi, il contrordine. La commissione di verifica comunica che i settanta voti di margine che la separavano secondo il dato ufficiale da Pollastri sono stati ribaltati. Nel nuovo dato lei è cresciuta, ma Pollastri di più e per ora risulta lui eletto, con uno scarto di sessanta voti, stavolta a suo favore.

È un caso clamoroso: le diessine sono furibonde, vogliono il ricorso; da Roma il partito manda un emissario (Lombardi) per chiederle di rinunciare. Loro non ci stanno e oggi sapremo cosa c’è nel dossier che hanno messo insieme.
(2 - continua)

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