I dubbi su Bisignani dal cardinal Bertone a Cosentino e Pollari

Nelle 263 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare per Bisignani, Papa & co., citati qua e là spuntano personaggi noti e meno noti alle cronache. Parlamentari come Valducci o Verdini, ministri del calibro di Frattini, i massimi vertici della Gdf, agenti segreti, imprenditori, pm già indagati (Achille Toro) magistrati-ispettori (Arcibaldo Miller) persino cardinali (Tarcisio Bertone) citato al pari di Andreotti dall’assistente di Papa, Elena Valenzano, circa la presentazione a Papa avvenuta attraverso il ciellino Angelo Chiorazzo.
ANDREOTTI E IL CARDINALE

Una vasta rete relazionale che i pm riconducono a Bisignani, a Papa e ai poliziotti legati a quest’ultimo, disegnando vasti scenari a tinte fosche, che invece, secondo il gip, non sarebbero poi così cupi e soprattutto non così vasti. Un’«associazione per delinquere» che il gip smonta perché «il materiale probatorio raccolto, sul piano oggettivo, non consente di ritenere configurabile, con sufficiente gravità indiziaria dell’illecito associativo, non essendo emerso un programma criminale comune fra tre o più persone». Insomma, a detta del giudice per le indagini preliminari, ognuno sarebbe andato per conto suo. Soprattutto Papa, che parlava con tutti «per interesse personale» e che usava le notizie segrete come «merce di scambio».
MORETTI «IL COMUNISTA»

Non tutti sanno che l’inchiesta nasce da una denuncia di un imprenditore, Giuseppe De Martino, titolare della Ib Italian Brakes, società che lavora nel campo delle ferrovie a suo dire vittima di illeciti da parte di Trenitalia e di persone direttamente collegate all’Ad Mauro Moretti. Da questa denuncia, e dal tentativo di Bisignani di intervenire su De Martino (anche attraverso minacce di Papa e dei suoi collaboratori in divisa) scaturisce l’indagine sulle schede che porterà a disvelare i collegamenti oggetto di indagine. Moretti è stato interrogato e ha liquidato la conoscenza (con Papa) ai tempi in cui costui era con Castelli «e più recentemente mi ha chiamato per lamentarsi di un episodio che gli era capitato su un treno, una vicenda connessa a un alterco che Papa aveva avuto con un controllore». Quanto a Bisignani, «l’ho conosciuto tanti anni fa all’epoca di Necci e poi l’ho rivisto ogni tanto». Il gip solleva dubbi sulla versione dell’Ad quanto al «controllore» e per le frasi di Bisignani. Che ha dichiarato: «Papa conosceva bene Moretti dal momento che frequentavano entrambi casa di Troia (...). per la controversia della denuncia misi in contatto Papa con De Martino (che ha negato, ndr)». E ancora. «Moretti mi fu presentato da Necci che mi disse, presentandomi Moretti, “questo è la mia carta di credito coi sindacati e il Pci”. Ricordo anche che Moretti quando doveva diventare Ad delle Ferrovie mi è venuto a trovare parecchie volte chiedendomi di aiutarlo». Il gip, su questa vicenda, esclude la «condotta concussiva» nei confronti di Moretti e specifica come «resti una mera ipotesi concussiva quella secondo cui gli indagati intendevano acquisire un’utilità costituita da una sorta di potere di interdizione e di ricatto sulla dirigenza di Trenitalia che avrebbero potuto esercitare solo se la vicenda non fosse stata sottoposta al vaglio dell’autorità giudiziaria».
DON VITO E I SERVIZI

Quanto all’ipotesi di reato sulla rivelazione di atti di indagine segreti relativi a Stefania Tucci, ex moglie di Gianni De Michelis, e alla contestuale sponsorizzazione di Papa per entrare in parlamento, fra i tanti che hanno parlato c’è Alfredo Vito, oggi vicino al Fli, «più volte parlamentare, esponente della medesima parte politica che nel 2008 ha candidato Papa» (e non lui). Parla per sentito dire «esprimendo riserve sulla fonte suo ricordo», mister 100mila preferenze. «Mi è stato detto, ma in questo momento devo ricordare meglio la fonte, comunque da un collega di partito (...) che la candidatura di Papa fu una conseguenza di un intervento diretto di Pollari, essendo il Papa legato agli ambienti dei servizi e ovviamente al noto generale e a Pio Pompa (...) nel contesto che ho descritto era vicino a Cosentino e non a Stefano Caldoro». Per il gip «appare vago sostenere che la promessa di Bisignani dell’inserimento in un posto sicuro nelle liste elettorali, abbia effettivamente rappresentato il corrispettivo della rivelazione dei segreti d’ufficio perché il parlamentare ha avuto anche altri autorevoli sostenitori».
«FUGA» PER COSENTINO

Tra le fughe di notizie «pilotate» ve ne sarebbe una a favore di Nicola Cosentino che, scrivono i pm, avrebbe appreso di essere sotto inchiesta (quand’ancora nessuno lo sapeva e L’Espresso, e prima ancora il Roma, non avevano ancora fatto lo scoop) grazie alla soffiata del carabiniere La Monica, amico di Papa, impegnato nelle indagini su Cosentino e i casalesi. Il gip anche qui è categorico.

Spiega che le affermazioni di Patrizio La Volpe, amico del carabiniere latitante («La Monica avrebbe detto a Papa delle indagini di Cosentino e dunque di non farsi vedere troppo con lui») «appaiono alquanto generiche e per giunta derivanti da un soggetto che ha ammesso di non assistere ai colloqui riservati tra Papa e La Monica. Dagli atti, poi, non emerge quanto prospettato dall’accusa, che La Monica abbia partecipato ad attività di indagine su Cosentino». Un dettaglio non proprio irrilevante.

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