da Roma
La prudenza e l’urletto: fateci caso, per Walter Veltroni ieri tutto si è giocato fra questi due estremi. Anzi, a voler esser franchi - per dirla con Maurizio Crozza - quella di Veltroni è una conferenza splendidamente «ma-anchista». Silvio Berlusconi è un «avversario» ma anche - ovviamente - «un interlocutore istituzionale». Il Pd sostiene la necessità della riforma elettorale (come vuole il Cavaliere) ma anche quella della riforma istituzionale (che Berlusconi non vuole). Il dialogo fra due partiti avversi è un fatto «eccezionale», come scrivono tutti, ma anche «naturale», come vorrebbe Walter. Tutta la conferenza stampa del segretario del Pd - a ben vedere - è un capolavoro diplomatico dove ogni frase è studiata, vocabolo per vocabolo, perché gli alleati (e soprattutto Romano Prodi) non si arrabbino. Ma anche una conferenza stampa dove tutto è studiato, vocabolo per vocabolo, affinché tutti capiscano che Veltroni e Berlusconi oggi sono in sintonia, e il loro rapporto bilaterale privilegiato li rafforza (soprattutto nel rapporto con i rispettivi alleati di coalizione). Al punto che il sindaco si fa «sfuggire» (???) un dettaglio simbolico importante: «La richiesta originaria di Berlusconi - dice - era che l’incontro avvenisse nella saletta dei presidenti del Consiglio» (come dire: una certificazione di status, che avrebbe persino elevato Veltroni, che in realtà fino ad oggi, al contrario del Cav., è stato «solo» vicepremier). E lui che ha fatto, di fronte a questa richiesta? È stato «contento», ma ha anche preferito che «la sede fosse la stessa in cui erano avvenuti gli incontri con tutti gli altri leader». Buono, buonissimo: di una bontà che adesso diventa stile istituzionale. Insomma, a furia di dire che è tutto nella norma, appare evidente che invece è proprio l’entente cordiale Berlusconi-Veltroni («il Veltrusconi», come dice Cossiga) a far sì che i due leader di Forza Italia e Pd, in queste ore, diano i tempi e le carte a tutti. Più lo negano e più si vede.
Finita la conferenza stampa, insegui Veltroni nei corridoi che lo portano fuori dal Palazzo, e pare impossibile strappargli una parola. Gli chiedi cosa si provi dopo un quarto di secolo di trattative con il Cavaliere e lui dribbla parlando del tuo cappotto: «Che ci fa con il Montgomery a Montecitorio?». Cerchi di provocarlo su quando scherzava sul Cavaliere dicendo: «Gli crescono i capelli di campagna elettorale in campagna elettorale, alla prossima sarà come Jimi Hendrix!». Macché, non abbocca. Anzi, risponde scherzando su se stesso con il sorriso sulle labbra: «Sono io che ho sempre meno capelli di lui, purtroppo...». Alla fine, quando sta per scomparire in uno degli ascensorini del Palazzo una domanda pare intaccare il muro difensivo: «Ha parlato con Prodi?». E lui, in falsetto, come se proprio di quella domanda non ne potesse più: «Ahhhhhhhhgh!». Come? Come? Le porte dell’ascensore si stanno chiudendo, Veltroni scuote il capo in senso affermativo: «L’ho chiamato... l’ho chiamato...».
Insomma, dentro quel gridolino c’è l’evocazione mesmerica del convitato di pietra, che ieri sera, ovviamente, era proprio Prodi. E in fondo, la conferenza stampa dei due leader era una sorta di esercitazione virtuosistica in cui Berlusconi ha sfoderato tutta la sua nota diplomazia seduttiva focalizzandola sul nuovo interlocutore. E Veltroni ne era evidentemente lieto (ma anche un po’ imbarazzato). Certo, il Cavaliere a tratti ha sorpreso anche i berlusconologi di antica data. Parlando del Pd, per esempio ha detto: «Il più grande partito del centrosinistra italiano» (proprio lui che ha inventato lo scioglilingua «Pci-Pds-Ds»!; lui che normalmente diceva «I comunisti»!; lui che se proprio era di buon umore scandiva: «le sinistre»!). Quando cita Veltroni ricorda persino un suo storico saggio (Editori Riuniti): «Lui scrisse nell’85 un libro su di me intitolato Io e Berlusconi, io andai a un congresso dei Ds e poi nei cinque anni del nostro governo abbiamo avuto una grande attenzione per la città della quale è sindaco». Capito che roba?
Veltroni esce per secondo, ma chiaramente i due hanno concordato cosa dire. E il sindaco inizia 10 minuti dopo il Cavaliere, facendo capire di aver seguito la sua conferenza: «Come vi ha già detto Berlusconi...». Insomma: Walter è prudente, prudente, prudente. Ma poi quando si ricorda anche a lui che c’è una foto che li immortala a un tavolo con il Cav. nel lontano 1996 putualizza: «È vero, la foto è di allora, ma forse ci conosciamo da due anni prima». E poi: «Bisognerà dare atto che da 25 anni cerco il dialogo rifuggendo ogni demonizzazione».
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