Politica

I furbetti del governo: case, doppi incarichi e... le vacanze gratis

Quanti privilegi ai ministri "tecnici" del governo Monti. Ora mantengano la promessa e rendano pubblici i loro patrimoni. Intanto tra auto blu e benefit il Csm divora 35 milioni all'anno. E c'è chi lavora 12 giorni al mese

Un governo di tecnici: duri e puri. Un governo trasparente. Un governo battezzato nel fonte battesimale della società civile, dell’università, della magistratura, lontano dagli intrighi di palazzo. Ci eravamo illusi. Anche i migliori, anche quelli nati senza peccato originale, anche loro hanno qualche macchiolina nel curriculum sfavillante, qualche privilegio, qualche opacità, come si dice con una brutta parola.

Anche loro sfruttano i voli di stato, per tornare a casa dopo un incidente sugli sci, come il ministro della difesa Giampaolo Di Paola: lussazione alla spalla e aereo pronto a Verona; anche loro avrebbero dovuto mettere in vetrina i loro guadagni, ma evidentemente fanno fatica a rintracciare i cedolini; anche loro si sono dimostrati pronti a battagliare per salvare i doppi stipendi, (o almeno uno stipendio e un quarto o uno e mezzo) argomento d’attualità per Antonio Catricalà, Corrado Clini, Filippo Patroni Griffi. Filippo Patroni Griffi è il ministro con due cognomi e due stipendi: quello di titolare della Funzione pubblica e l’altro, incredibile ma legittimo, di presidente di sezione del consiglio di stato, in aspettativa da una vita. Sì, perché Patroni Griffi ha collezionato poltrone importanti nella pancia dello Stato ma una leggina, fatta ad hoc per i magistrati amministrativi come lui, gli permette di incassare l’indennità per il lavoro in freezer. Niente male. Patroni Griffi è un supertecnico e da supertecnico ha vinto, dopo cinque sentenze, una battaglia spettacolare. Spettacolare come la casa con vista sul Colosseo. Spettacolare come il prezzo pagato nel 2008 per acquistare quei 109 metri catastali al primo piano di uno stabile di via monte Oppio: 177.754 euro. Come ha fatto Patroni Griffi? Semplice, ha ingaggiato una feroce battaglia contro lo Stato e il ministero dell’economia, padrone del palazzo, e li ha piegati, passando attraverso i colleghi del Tar, poi per quelli del Consiglio di stato e poi per la Corte costituzionale. Giulio Tremonti e il sottosegretario Maria Teresa Armosino si erano inventati una legge ad domum, come l’ha chiamata Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, pur di non essere costretti a svendere l’immobile situato in una zona strepitosa della capitale. Ma non c’è stato niente da fare. I magistrati amministrativi, con l’aiuto di due periti che lavoravano fianco a fianco con Angelo Balducci, quello della cricca, hanno stabilito che lo stabile di via monte Oppio era una casa popolare e non un immobile di pregio, come gridava l’Armosino. Risultato: il miracolo che ha dissanguato lo Stato. Patroni Griffi ha spuntato 1.630 euro al metro quadro, quando a pochi metri di distanza Claudio Scajola, aiutato però da una robusta iniezione di denaro degli onnipresenti amici della cricca, ha acquistato a 8.500 euro al metro quadro. Cinque volte di più. Attenzione: chi era l’avvocato che ha aiutato Patroni Griffi nella delicatissima ed estenuante partita contro lo Stato? È Carlo Malinconico, oggi strategico sottosegretario alla Presidenza del consiglio, ieri presidente della Federazione italiana editori giornali e prima ancora tante altre cose. Bene, anzi male: qualche anno fa Malinconico era incappato in una singolarissima disavventura: era andato in vacanza in un hotel a cinque stelle del’Argentario, in una suite da 1.500 euro a notte, e alla fine aveva trovato l’amara sorpresa. Qualcuno, vai a sapere chi, aveva già saldato il conticino da 9.800 euro. Un dramma. Ieri al Giornale che chiedeva lumi, Malinconico ha dato una spiegazione ancora più singolare: «Volevo pagare, ma qualcuno l’aveva già fatto e quando ho mi sono rivolto al direttore per sapere chi fosse, mi ha risposto che non poteva dirlo per rispetto della privacy». Il vero benefattore, si sa, vuole rimanere anonimo. E Malinconico aveva bevuto l’amaro calice. Peccato che l’imprenditore Francesco de Vito Piscicelli abbia raccontato a Marco Lillo del Fatto quotidiano, lo stesso giornalista che ha ricostruito la soap opera della casa di Patroni Griffi, di essere stato lui a saldare la vacanza da cartolina. E Piscicelli è uno degli amici di Balducci e della solita cricca. Sia chiaro: Patroni Griffi e Malinconico non sono indagati, ma lo stile, le frequentazioni, le spiegazioni (almeno nel caso del sottosegretario) pongono più di un punto di domanda. E confermano un sospetto antico e perfino banale: anche il tecnico non vive sotto una campana di vetro. La cricca aveva i suoi gangli nel corpo dello Stato: magistrati contabili, grand commis, dirigenti, superdirettori. Tecnici puri, che pensavano ai fatti loro.

Questo è il loro governo. Duri e puri, si diceva. Duri sì, ma con il contribuente. Puri mica tanto. Trasparenti nemmeno: Monti ci ave assicurato che tutti i componenti del governo avrebbero messo in rete redditi e patrimoni. Stiamo ancora aspettando. E intanto il comma 6 del decreto salva-Italia salva i super-stipendi di chi arriva dalle file della pubblica amministrazione: la vecchia indennità resta intatta, purché non superi quella dei parlamentari che è di 5.246 euro. E i contributi per la pensione sono tarati sull’ultima busta paga percepita prima di andare in aspettativa.

Questo sì che è un governo tecnico.

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